Poveri bimbi abbandonati di Romolo Rossi

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4 marzo, 2013 - 16:22

(tratto dal volume " La musica del Risorgimento a Genova (1846-1847) Gli Inni patriottici della Biblioteca Universitaria" Edizioni Compagnia dei Librai)
 

Immaginiamo che Freud abbia scritto la Traumdeutung nel 1751, e che nel 1847 un analista si fosse trovato con le mentalità e la prassi di oggi.

In quell'anno egli poteva avere sul divano l'avvocato Celesia, o uno di quegli altri distinti borghesi che scrivevano gli inni patriottici, in cura, perché no? Per un quadro fobico, o ossessivo, o un disturbo della personalità: e immaginiamo di procedere con la tecnica, usuale, delle associazioni libere. Le nostre associazioni libere, il materiale che abbiamo, sono gli inni patriottici dei vari signori Celesia.

L'analista non ha perplessità: allora, sono figli d'Italia, ma risulta subito chiaro che sono espulsi, non dallo straniero, penserà l'analista, macché straniero, dalla mamma stessa. E via con la solita ambivalenza: patria o matria? Papà o mamma. Vero è che l'ambivalenza sta già nel termine usuale madrepatria, assai buffo, a ben pensarci, un ossimoro mica da niente, ma qui diventa clamoroso: o madre ... tu sei la patria. Mamma, in funzione di parto espulsivo? O Fratelli la Madre s'è scossa, saranno per caso Senesi con riferimento al palio? Ma non sarà, questa mamma, una puttana cui dischiuso è il cammino d'onor? E poi, dagli con le donne che non la danno a chi non combatte per lei!

Non abbian le spose

d'amore uno sguardo

per l'uom che codardo

non corre a pugnar.

E di nuovo

Siate sprone all'impresa gagliarda

Voi pur figlie dell'Italo suolo

a chi sdegna la patria coccarda

sia negato l'amplesso d'amor.

Come il Berchet, dunque. Ma si, abbiamo capito, vanno a combattere perché non hanno successo con le donne, o meglio perché la mamma non li vuole. Forse con difficoltà di erezione? Vorrà dire questo il leone dormiente? Dormiente sì, ma chissà se leone.

Dunque, caro avvocato, Ella è un bambino orfano, o espulso, o disamato. E di fatto ad un bambino si adattano queste filastrocche infantili megalomanico-vittimistiche. Bambini certo, perché non è possibile che i borghesi di allora (medici, avvocati, notai, ecc.) fossero così privi di insight e, diciamolo pure, così stupidi: è chiaro che si parla qui di neurotic stupidity. Solo la regressione, la parte infantile di loro, può giustificare il provincialismo di questo patriottismo che ha in mente più che una nazione, un'area paesana, che so, la Valle Stura o la Val Bormida. Ma si sa, per un bambino l'orizzonte familiare, mamma, papà, fratellini, mura domestiche, area della piccola città, è tutto, un orizzonte immenso, smisurato, che ha per confini l'estensione della lingua, lingua materna appunto, lessico familiare. Ma l'associazione si concretizza sulla figura di Balilla, il bambino ribelle, fino a raggiungere l'Inno dei bambini: sarà questo il senso dei bambini che fiaccano il tedesco furor, o forse sarà il loro furore, la rabbia infantile proiettata. Il che poi dà la stura a difese grandiose, come nell'identificazione proiettiva dell'occhiataccia materna, che diventa

Italiano si dica e ciò basta,

ei nel volto dovrà impallidir.

Da aggiungere, alle fantasie, il masochismo infantile (ricordate Freud, Il poeta e la fantasia?), con tutti questi Pietro Micca (il Kamikaze) e Balilla (sasso contro cannone), quando l'Italia chiamò siam (troppo) pronti alla morte, che sarebbe poi il corrente inno nazionale.

E poi perché non prendere questo padre, ambivalente, o debole, incapace o castratorio, e non farne, con un rovesciamento nell'opposto, un padre forte, grandioso, ideale, capace di dare la mamma forzosamente, di prendere la mamma per un orecchio e con la sua autorità dirle: accudirai questo povero bimbo abbandonato. Eh via! Le associazioni si sprecano, Pio, Carlo Alberto, campeggiano grandiosi.

Per Pio nono e Carlo Alberto,

per Leopoldo Tosco Re,

del quale Leopoldo addirittura

Fu l'agir sublimissimo e santo.

Ma, cavaliere, è sicuro che siano buoni padri? Non la fa un po' grossa?

Gloria eterna eterno vanto,

Al gran Padre Sommo Re.

oppure

D'Alberto le squadre

per l'Itala madre

verranno a pugnar.

e poi

E' spada di Dio d'Italia l'acciar (o fallo immenso!)

ma la castrazione è sempre, ovviamente, in agguato, quando si idealizza il padre, con la comica immagine dell'aquila d'Austria spennata.

Ed a forza di cercar padri potenti, le associazioni libere ci presentano un quadro sinistro. Si scopre (capito, che roba?)

 

O gran Dio che a difesa dei troni

Fai del vero la luce brillar

Oppure

Moviamo al re davanti

Uniti in belle schiere

Spieghiam le tue bandiere

O santa libertà.

Libertà? Ma quale? Quella di muoversi in belle schiere davanti al re? Stia attento avvocato Celesia, che con quello spasmodico bisogno di mamma e con quella idealizzazione del padre perché gliela fornisca, la libertà me la saluta.

Ecco, la caduta dell'oste con tutti i piatti e i bicchieri è l'ultima pennellata associativa:

Così l'oste d'Italia cadrà.

Che disastro, qui non si mangia più.

Ha capito avvocato Celesia? Ella, direbbe l'analista, è un povero bimbo disperato, espulso e disamato dalla mamma disattenta e disamorata, ch'ella ama non riamato, ed accetta subito di rinunciare alla propria autonomia di fronte ad un papà forte e castratore che gliela dia, la mamma, anche se questo papà è molto, molto discutibile.

Allora forse guarito e con un po' di insight l'avvocato Celesia scriverebbe questo

inno

Oh Signor, che ci posso far io

Se la mamma tenermi non vuol?

Speriam solo che il buon papà Pio

Mi sollevi un pochino dal duol.

Ah, se uno storico si decidesse a studiare i rapporti madre-figlio nelle diverse epoche! Uno storico, non uno psicanalista, che manca della metodologia e degli strumenti. Quanto se ne gioverebbe la comprensione della storia!

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