PSICHIATRIA E RAZZISMI
Storie e documenti
di Luigi Benevelli

1939- Nozioni coloniali per le organizzazioni femminili del Partito nazionale fascista

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28 aprile, 2014 - 17:38
di Luigi Benevelli

L’Istituto fascista dell’Africa Italiana organizzava corsi per la preparazione adeguata delle donne italiane che erano sollecitate a recarsi nelle terre del neo costituito Impero mussoliniano. Le citazioni che seguono sono tratte dal volume Nozioni coloniali per le organizzazioni femminili del Partito nazionale fascista, Trento, 1939, pp. 112-116.
 
La colonizzazione italiana in Africa Orientale, mettendo a contatto grandi masse di lavoratori e di soldati con la popolazione indigena, ha reso oggi per l’Italia di grandissima importanza il problema di tutelare l purezza della nostra razza evitando gli incroci con le genti negre. […]
Nell’Impero dell’A.O.I. la possibilità dell’incrocio fra Italiani e indigeni si presenta invece gravissima, tanto più che alla morale della quasi totalità delle donne indigene non ripugna concedersi temporaneamente agli europei. Gli inconvenienti a cui si andrebbe incontro se si lasciasse piena libertà ai bianchi di accoppiarsi con le donne di colore […] sono di vario ordine (sociale, igienico, demografico, politico, ecc.), ma possono brevemente riassumersi così:

  • avvicinamento dei dominatori europei ai sudditi indigeni, e quindi minor rispetto di questi per i primi;
  • pericolo di diffusione delle malattie da cui sono affetti quasi tutti gli indigeni e che acquistano particolare violenza se trasmesse dai negri ai bianchi;
  • pervertimento e abbruttimento dei bianchi in seguito alla convivenza  con persone di razza e mentalità inferiore;
  • allontanamento del colono dai suoi doveri famigliari rispetto all’Italia e alle donne italiane, con conseguente diminuzione delle nascite;

procreazione di meticci, i quali, essendo generalmente poco amati dai genitori a cui ricordano un peccato e disprezzati dagli stessi indigeni, conducono una vita infelice e finiscono col rappresentare un elemento di disordine e un pericolo sociale. […]
Il Governo Fascista, non appena conquistato l’Impero, ha immediatamente voluto provvedere, partendo da questi principi scientifici che furono enunciati dal Ministro dell’Africa Italiana:
L’accoppiamento con creature inferiori non va considerato solo per l’anormalità del fatto fisiologico e neanche soltanto per le deleterie conseguenze che sono state segnalate, ma come scivolamento  verso una promiscuità sociale: conseguenza inevitabile nella quale si annegherebbero le nostre migliori qualità di stirpi dominatrici. Per dominare gli altri occorre imparare a dominare se stessi. Questo devono ricordare  e devono volere gli Italiani tutti, dai più umili ai più alti […]
La creazione di una casta meticcia, con caratteri fissi, in cui da alcuni si è voluto vedere un utile intermediario, è un’utopia politica e sociale. Tutti concordano nel giudicare che il meticciato è una dolorosa piaga, una sorgente di infelici e spostati, spiacenti a dominati e dominatori, cause di irrequietudine e di debolezza per la compagine coloniale.
 
Ecco perciò i principi a cui si ispira la politica fascista per la tutela della razza in Africa:
1.       separazione netta ed assoluta tra le due razze
2.      Collaborazione senza promiscuità
3.      Umanità nella considerazione degli errori passati
4.      Severità implacabile per gli errori futuri.
La Legge fascista sulla razza è diretta a preservare, anche sul territorio nazionale, la purezza della razza ariana, a cui la stirpe italica ha l’orgoglio di appartenere, preservandola dall’inquinamento del sangue semitico o d’altre razze inferiori.
 
 

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