LA PSICHIATRIA PER BENE
Dialoghi sulle buone pratiche in Psichiatria
di Gerardo Favaretto

Racconti della psichiatria senza manicomi: buone pratiche e buone teorie

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3 maggio, 2019 - 10:38
di Gerardo Favaretto
E’ fin troppo facile oggi, nel nostro paese, essere critici ed additare in ogni dove i segni che raccontano di un declino e di una involuzione che sembra inarrestabile .
Declino e involuzione sono un fenomeno rintracciabile in molti fenomeni; fra tutti, a mio avviso, gioca un ruolo determinante, forse centrale una certa diffidenza verso cultura e conoscenza.
Competenza e professionalità vengono ritenute indispensabili quando individualmente si richiede una prestazione (tutti vogliono sempre il “miglior professionista”) ma non lo sono più quando, invece, si fanno scelte sulle organizzazioni, quando vengono prese decisioni   di politica sociosanitaria. In queste scelte competenza e cultura scientifica raramente sono  i valori di riferimento.  
Se si esaminano le strategie di investimento di risorse in ambito socio sanitario e i criteri di scelta sulle priorità nel servizio sanitario pubblico si rendono evidenti alcuni elementi
  • il servizio socio sanitario nazionale è differenziato, in modo importante, nelle diverse realtà regionali
  • non vi è una chiara e propositiva politica relativamente alla relazione fra pubblico e privato
  • non sono omogenee le politiche di integrazione sociosanitaria
  • I servizi territoriali, di comunità , di prevenzione vengono ancora troppo spesso considerate come attività “extraospedaliere” ovvero prive di una propria identità che non sia quella di non essere ospedale
  • L’integrazione fra Università e Servizio sanitario è spesso parziale e si sta fortemente caricando di criticità anche in relazione alla crescente carenza di medici
  • Nell’ambito della salute mentale le criticità qui elencate sono ancora più evidenti ed accentuate da un contesto nazionale che non dispone più di cornici unitarie per la programmazione (l’ultimo progetto obbiettivo nazionale risale al 2000) , è privo di una programmazione puntuale in tutte le Regioni e sostanzialmente messo in discussione  dalla presenza, oramai costante  in ogni legislatura,  di proposte di riforma tese a “rimediare” ai difetti della legge 180.
Dal 2015 si dispone di un rapporto nazionale annuale sulle condizioni e sulle attività dei Dipartimenti di Salute mentale alimentato dal Sistema informativo nazionale della salute mentale (SISM) .
I dati rendono evidenti disomogeneità, incoerenze e punti di forza, ma nonostante la disponibilità di tali analisi manca ancora una linea di indirizzo  complessiva , che parta da questi dati  e che permetta una programmazione in ambito psichiatrico coerente in tutte le Regioni.
Non mancano però le proposte di riforma della 180. Basta leggerle, però , queste proposte,  per identificare due anime, due punti di vista critici  distinti ed opposti ma accomunati dalla  incoerenza e dalla scarsa utilità a innovazioni e possibilità di sviluppo dei servizi per la salute mentale . Tutte le proposte sono ispirate a visioni lontane dal lavoro di ogni giorno, dalle esigenze delle persone , dalla necessità di sostenere e implementare i Servizi per la salute mentale .
La prima delle due anime fa riemergere l’ idea di fondare l’assistenza , nuovamente, sul concetto di pericolosità e, quindi, di ispirare gli atti e le attività sanitarie in Psichiatria, in particolar modo i trattamenti  obbligatori  al vincolo del controllo sociale. Premesso  che, in realtà, sarebbe solamente la esplicitazione di un processo che, pur non nominato, e già  ben presente nei servizi di oggi, questa posizione vorrebbe ribaltare quella visione centrata sul diritto alla cura della persona che tanto aveva nobilitato la 180 .
Nel secondo tipo di proposte vengono disegnati “per legge” quadri di diritti e modalità relazionali che solo una professionalità e una adeguata cultura terapeutica possono  garantire. Come per le prima proposta tutelare dalla pericolosità sembra il principio ispiratore, in queste, invece sembra che la qualità e la professionalità e il rigore scientifico degli operatori sia garantito solo dall’evitare la contenzione (fenomeno sicuramente negativo ma di fatto  limitato al contesto ospedaliero e che va studiato e prevenuto nella sua specificità  )  e dalla una presunta tutela di  diritti molto raffinati dal punto di vista teorico ma poco  coerente con le condizioni di lavoro dei DSM che non li rendono esigibili concretamente. E non certo per scelta degli operatori .
In entrambe i casi, infatti ,  la responsabilità di difficoltà e fallimenti pesa totalmente su Servizi  ,  che nel caso dei sostenitori del primo tipo di proposte,  sarebbero coloro che sono incapaci gestire il controllo ( ma i manicomi non ci sono più  si dice) mentre, nell’altro caso sarebbero, gli stessi operatori ad essere   arroganti , attori di una violenza istituzionale dedita alla contenzione e incapace di riconoscere rispetto e diritti.
Sarebbe troppo semplice argomentare che queste visioni sono così distanti dalla realtà di una tumultuosa e spesso non governata situazione dei servizi che l’averle solo pensate costituisce una parte del  problema invece che una possibile soluzione.
In questo scenario, obbiettivamente la Psichiatria è molto discussa ed attaccata. Non nella sue forme , come fu per l’istituzione manicomiale e per le logiche di esclusione ad essa collegate , ma lo è nella sostanza da chi la vorrebbe senza pensiero , senza cultura a gestire l’anormalità ovvero priva di conoscenze e di possibilità di intervento perché non deve mai , in nessun caso porsi come un limite all’individuo.
Gli operatori della salute mentale e tutto il sistema dei Servizi cui viene delegata non può pensare di essere estraneo o non coinvolto in queste dinamiche . Gli psichiatri italiani, tutti gli operatori non pensano e non hanno mai pensato che il loro ruolo sia limitato alle corsie di un ospedale ma hanno ricercato un modo di esercitare la loro professionalità fondato sul principio che è dell’individuo , della persona , della sua esperienza vissuta segnata dalla malattia che è necessario occuparsi in modo estensivo e non episodico o puntiforme.
L’anno scorso, 2018 sono stati ripetutamente ricordati e celebrati i 40 anni dalla legge di riforma della assistenza psichiatrica. Molte cose dette, altre non dette ma alluse fra le righe dei tanti scritti e presentazioni.  Storie ed esperienze che raccontano di delusioni e di speranze, di difficoltà ma anche di tentativi, magari riusciti, di ingegnose soluzioni che dimostrano che quanto è stato auspicato, e forse solo sognato, 50 anni fa da tutti coloro che lavoravano nei manicomi, si può fare. Curare le persone con rispetto, dignità, professionalità, tutela dei loro diritti, onestà intellettuale appropriatezza degli interventi.
Avrebbe senso cominciare a raccontare, a dare voce a quelle esperienze, alle persone che le stanno conducendo, ai risultati che queste esperienze hanno ottenuto e che dimostrano che la psichiatria ha bisogno di una cultura e di un pensiero , che può avercelo e che su quella base può leggere il proprio stato come una condizione che contiene , dentro , soluzioni a problemi che si ritengono irrisolti.
Questa spazio su Pol-It nasce così con l’ idea di fare brevi interviste a  persone che  curano esperienze e culture innovative , a persone che sono testimoni dell’esistenza di un orizzonte e di una prospettiva e persone capaci di raccontare fatti , concetti e teorie . A persone che possono suggerire che cosa la psichiatria e la salute mentale potrebbero essere nel nostro paese. Li presenterò con una breve scheda introduttiva su loro e sull’argomento sul quale sono intervistati .
Questa rubrica vuole essere anche una opportunità per raccontarsi. Chi ritenesse di avere esperienze interessanti che vanno fatto conoscere a sua volta può essere intervistato per costruire un atlante delle cose migliori che ancora si riescono a fare nei servizi che, sono convinto,  sono molte. 

NDR: Nel momento in cui abbiamo pensato a questo nuovo spazio su Psychiatry on line Italia, lo abbiamo immaginato anche e soprattutto come un "luogo" di dibattito il più possibile allargato.
Per questa ragione da una lato rivolgiamo un CALDO INVITO agli utenti registrati della rivista a pubblicare, in calce a questo e ai pezzi che seguiranno, il loro commento volto ad arricchire e allargare la proposta culturale e clinica che vogliamo portare avanti, dall'altro abbiamo, appositamente, aperto una  PAGINA FACEBOOK DEDICATA ALLA RUBRICA dove il dialogo e il contronto sui contenuti proposti e segnalati potrà essere portato avanti anche da chi non è UTENTE REGISTRATO.


 

 
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come editor mi auguro che questi contributi suscitino dibattito e commenti in calce ai testi pubblicati per un arricchimento corale e condiviso.
Mi associo all'invito di Gerardo per la proposta di contributi che rammento saranno sempre in forma di intervista. Se avete cose da dire contattate il curatore della Rubrica

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