Nessuna Verità

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2 ottobre, 2012 - 17:24

"Oh che pesante fardello essere i soli a conoscere la verità"
Da Il sogno di un uomo ridicolo (Dostoevskij, 1877)

POLit

Roger Ferris (Leonardo Di Caprio) è una agente della CIA in incognito che cerca di catturare, tra Giordania, Siria ed Iraq, Al Saleem un pericoloso terrorista islamico, resosi noto per una serie di attentati effettuati in Europa. Il suo superiore è il veterano Ed Hoffman (Russel Crowe), invecchiato ed appesantito, che dirige, per lo più dall’altro capo di una linea telefonica protetta, tra la pipì di un figlio e la partita di un altro figlio, le operazioni di spionaggio, nonché le azioni strategiche di Ferris.

Tra i due interviene, peraltro, il capo dei servizi segreti giordani, il fascinoso Hani (Mark Strong); è quest’ultimo che collabora con il nemico-amico americano Ferris ad una condizione ovviamente impossibile: la verità.

Il film che è basato sul romanzo di David Ignatius, giornalista del Washington Post, grande esperto di politica medio-orientale, si basa, oltre che sulla spettacolarità e sul grande realismo delle sue scene, anche sulla caratterizzazione psicologica dei suoi interpreti; sono loro, infatti, che esibiscono le varie sfaccettature della prospettiva americana sui conflitti medio-orientali: sul campo c’è quella di Ferris che si fa scrupoli morali, perde le dita, la faccia e quasi la testa, si innamora in Giordania e si becca sulla pelle i frammenti di ossa di un suo collega deceduto durante un’azione militare. Oltreoceano, a Langley (sede americana della CIA), si evidenzia invece la routine pragmatica di Hoffman; Troppo umano il primo, grande interpretazione di Di Caprio, troppo disilluso e quasi cinico l’altro; hanno tuttavia un minimo comune denominatore: la dissimulazione, tra doppi giochi, tranelli, mezze verità e piene menzogne in cui rimane coinvolto anche il capo dei servizi giordani.

Dopo la vicenda americana in Vietnam, rimasta per anni sulle scene degli operatori cinematografici di Hollywood, l’ombra del 11 settembre ed i conflitti correlati, dall’Afghanistan all’Iraq, si sono spesso riproposti sugli schermi USA: tra gli altriWorld Trade Center di Stone, United 93 di Greengrass, Syriana di Gaghan, Jarheaddi Mendes, The Hurt Locker di Bigelow, Redacted di De Palma. A questa ricca e qualitativamente eterogenea produzione si unisce anche il film di Ridley Scott, sceneggiato da William Monahan (The Departed).

Con Nessuna Verità prosegue inoltre il sodalizio tra Scott e l’attore Russell Crowe (quarto film insieme a partire dal Gladiatore).

Nessuna Verità, oltre che film di azione sui conflitti in Medio Oriente, è, in omaggio al titolo, una chiara descrizione dell’ambiguità e della impossibilità di essere sinceri ed onesti in certe attività, come lo spionaggio. Tale descrizione è ancora più evidente quando Hani richiede come conditio sine qua non al collega Ferris di agire con coerenza e sincerità, cosa che non si realizza e che spinge quest’ultimo alla difficile scelta finale.

Sicuramente, in una prospettiva psicologica, dal film emerge il tema della menzogna come connotata dalla voluntas fallendi, ovvero dalla volontà di ingannare, e forse anche dalla voluntas nocendi, ossia dalla intenzione di fare del male, indipendentemente dalla veridicità di ciò che si afferma ma usando le parole come arma per far credere "altro" rispetto a ciò che il parlante ritiene vero. Aristotele definì sincero colui "che nelle cose in cui, non avendovi alcun interesse è sincero sia nelle parole sia nella vita, solo perché per intrinseca disposizione è fatto così".

E se vi fu da parte di Agostino di Ippona, nella sua opera De Mendacio, una chiara condanna di ogni forma di menzogna ("Mente chi pensa una cosa e afferma con le parole o con qualunque mezzo di espressione qualcosa di diverso, per cui la menzogna dipende dall’intenzione dell’animo e non dalla verità o falsità delle cose " ), neanche se finalizzata a salvare una vita umana, un altro filosofo, Gorgia di Lentini, riconobbe che il linguaggio è comunque menzognero perché in definitiva "nulla esiste e se anche esistesse non sarebbe conoscibile e se anche fosse conoscibile, nessuno potrebbe darne conoscenza a un altro, per il fatto che le esperienze non sono parole e che nessuno riesce a farsi una rappresentazione concettuale identica a quella di un altro", attribuendo alla menzogna una valenza più umana e più finalizzata all’adattamento.

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