Assalto al Campidoglio, un anno dopo: Nordisti e Sudisti. Mai cambiati

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8 gennaio, 2022 - 05:58

La Befana per gli Americani è arrivata con un sacco di guai. Finalmente Joe Biden, dopo un anno intero, trecentosessantacinque lunghissimi giorni, dopo il grande sfregio di Donald Trump (senza mai nominarlo), superando le esitazioni purtroppo fin qui manifestate e rompendo le consuetudini democratiche americane, si è fatto vivo. Ha parlato al Congresso fuori dai denti, dicendo testualmente che “Il 6 gennaio fu un'insurrezione armata e il predecessore cercò di rovesciare elezioni libere, di sovvertire la costituzione e di fermare una trasferimento pacifico dei poteri attraverso un gruppo di balordi, tutto il mondo ha visto con i suoi occhi. Nemmeno durante la guerra civile questa cosa accadde. In questo luogo sacro fu attaccata la democrazia, un attacco brutale, ma il popolo ha resistito, la democrazia ha tenuto". "La verità è che un ex presidente ha creato una rete di menzogne intorno alle elezioni del 2020" (ponendo) "i suoi interessi sopra quelli del Paese". (ANSA) - Washington, 06 gennaio, 2022.
 
Pare che anche lo sconfitto avesse pronta una commemorazione del 6 gennaio 2021 - di tutt’altro tenore - dell’assalto in questione, che aveva comodamente supervisionato dalla TV con la famigliola, a quanto pare si dica in giro, ma che alla fine lo abbiano convinto a desistere. Così, sempre stando ai si dice, sarebbe rimasto a Palm Beach, nella sua reggia di Mar-a-Lago, in Florida, 69 mila metri quadri di verde, cinque campi da tennis tre rifugi antiatomici, marmi, oro, camini, arazzi in ciascuna delle 128 stanze e, rubinetti da 25 mila dollari nelle 58 camere da letto.
Un’ANSA di pari data, appena successiva, riferisce che, a stretto giro di tweet, l’ex presidente scaduto e perdente, Donald Trump, rivelando una presenza politica e numerica allarmante, ha risposto che il gran parlare di Biden "è solo teatro politico per distrarre gli americani dal suo fallimento".


 
Ci sarà qualche imprecisione dovuta al cambio improvviso di rotta, anzi una inversione a U, anche perchè nell’ANSA di cui sopra Biden ci ha rammentato che loro, ma anche tutti noi, "Siamo in un momento decisivo della storia in America e nel mondo, c'e' una sfida tra democrazia e autocrazia, vedi Cina e Russia. Dicono che la democrazia è troppo lenta per risolvere i problemi di oggi e scommettono che l'America diventerà come loro. Ma noi non lo saremo mai". Certo è che, se questi sono i fatti, più o meno, stiamo messi veramente male, anche noi dell’Europa.
 
È passato giusto un anno da quando i “manipoli” di Trump - ex presidente americano sedizioso -diedero l’assalto al Campidoglio di Washington senza che ci sia stata la minima conseguenza sul piano politico. Non si trattò di una bravata. Il bilancio provvisorio degli scontri fu quattro morti dentro e fuori Capitol Hill, 13 feriti e 52 arresti. Ormai lo sappiamo tutti e c’è il resto che sta affiorando faticosamente. Non ci sono le prove di un “golpe” alla sudamericana, ma non vuol dire, perchè i bugiardi in circolazione sono molti e i facinorosi anche. È bene rammentarlo e sottolinearlo perché in Italia, esattamente cento anni fa, di “manipoli”, nel 1922, ce n’erano alcuni che dovevano “bivaccare” alla camera dei deputati e furono sottovalutati dalla monarchia, ma favoriti dalle circostanze. Tutti sanno quello che successe nel ventennio successivo e non solo in Italia.
 
In USA, invece, sembra sia successo poco o nulla, a parte i due svicolamenti di Trump dall’impeachement. Democratici, morbidi di qua, Repubblicani, sempre più duri, alla finestra, di là. I primi paiono in grande affanno, per vari motivi, fra i quali la pandemia, la Cina, la Russia, l’Afganistan, l’Ucraina, il Kazakistan, la Bielorussia, che peraltro inquietano  anche l’Europa (ammesso che esista, dopo la Merkel), ma soprattutto la divisione nella “democrazia americana” (posto che ci sia), mai così netta, spregiudicata e feroce dalla guerra di secessione. I secondi, paiono allineati e coperti dietro il loro Führer che caccia i dissidenti brutalmente, come ha fatto con Liz Cheney la rappresentante repubblicana del Wyoming che si è stancata di assecondare la farsa della “Big lie”. Le elezioni truccate, rubate, da modificare con la forza, rivoltosi “patrioti” novelli “giacobini” e “sanculotti” mescolati insieme nel 2021 (come nel 1791) per tenere unita la grande America di una volta. Una teoria paranoica mai dimostrata in tribunale, ma creduta sulla parola di Donald Trump.
 
Tutti i vecchi faccendieri politici americani cresciuti nella cultura colorita di Mark Twain (il Collodi americano) sapevano che era sempre meglio dire delle “bullshit” (fregnacce, stronzate, cazzate) piuttosto che una “lie” (bugia). Meglio passare da fregnoni, cazzari, da stronzi, piuttosto che da bugiardi, in un paese dove approdarono i “Padri Pellegrini” di religione rigorosamente cristiana puritana, fuggiti dall’Inghilterra dov’erano divenuti insopportabili per esasperato bigottismo. Invece questi radicali trumpisti inquadrati da Bannon sono convinti che una bugia ripetuta ossessivamente su tutti i media si trasformi in verità. Ma, tutti sanno che non è così perché ha la bugia ha sempre avuto naso lungo e gambe corte, come ha insegnato al mondo intero l’immenso Collodi di Pinocchio, quel nostro Carlo Lorenzini da Firenze. Eppoi, non siamo più nella Germania anni 30 del secolo passato. Le tecniche di manipolazione della masse, le 11 regole di Joseph Goebbels, il nero ministro della propaganda del Führer, che favorirono l’ascesa e il dilagare del nazismo hitleriano sono superate dalla storia, fuori dal tempo!
 
C’è proprio da domandarsi che cosa non funziona (o non ha funzionato mai) nella cosiddetta democrazia patinata e luccicante americana, tipo export, con incorporata Statua della Libertà regalata dai Francesi nel 1886. Perchè non si è mai parlato chiaramente? Chi ha ricattato chi? Come si può continuare la falsa narrazione della "the big lie", la colossale bugia spacciata per verità di Vangelo? Come si può pretendere che una massa di persone mediamente istruita creda da oltre un anno alla fantomatica “cospirazione elettorale” che ha “derubato” il presidente uscente del secondo mandato col trucco cretino dei voti postali? È questa l’America? Quella autocratica, dispotica o quella democratica, liberale? Quale delle due? Quelle urla disumane che rantolavano “iuuu” “esss” “eee”, praticamente la colonna sonora, anzi ringhiosa, dell’assalto a Capitol Hill, durante la befana statunitense dell’anno scorso, sono un cattivo segnale che porta dritto alle croci incendiate del KKK. Come può essere tenuta in piedi un’accusa di furto elettorale senza uno straccio di prova, provata, da alcuna corte di giustizia, nessun tribunale o commissione USA, a quanto è dato sapere? E non è che dormano i media in America.
 
Quella che avevamo già vista in TV il giorno dell’Epifania dell’anno scorso, era una sorta di prova generale per il “golpe” dell’incredibile gestione USA della presidenza Trump. Un tycoon prepotente, opportunista, neppure un’aquila negli affari, ma talmente vanitoso del proprio biondo ciuffo, da oscurare un egocentrismo narcisista mai visto. Soprattutto così esibito, ossessivamente ripetuto, nei media occidentali, fino a diventare insopportabile. E tutti a tenergli bordone, nella più prona adulazione del più squallido culto della personalità e del potere. Mai visto. Neppure nell’ultimo dei regimi totalitari balcanici, di colonnelli greci, generali argentini, golpisti cileni, militari birmani del Myanmar contro Aung San Suu Kyi. Nondimeno, bastevolmente negazionista, suprematista, sessista, da giustificare l’assalto a Capitol Hill, dell’epifania nera statunitense, dell’anno appena spirato. Unico, nella democrazia americana. Si stanno giusto celebrando i primi processi, senza il vero colpevole dell’assalto, sgattaiolato come un gattone selvatico dalle prime due incriminazioni. La marmaglia degli assalitori del Campidoglio americano, quelli da lui chiamati “patrioti”, a vederli in tribunale piagnucolanti, timorosi, interrogati dal giudice preliminare, prima trumpisti cattivissimi e sfegatati, hanno destato stupore per la pochezza, ma nessuna compassione! Una galleria micidiale di personaggi fuori dal tempo, dalla storia, dalla realtà, tutti identificati dalla giustizia.
 
C’era lo sciamano vegetariano Jack Angeli (al secolo, Jacob Chansley), quello che ha condotto l’assalto mascherato da nativo, col viso dipinto, il torso nudo e i tatuaggi tribali in bella vista. C’era il figlio trentaquattrenne del noto giudice della Corte suprema di Brooklyn Aaron Mostofsky, quello che compariva in un video dell'assalto al Congresso con un bastone da pastore, pelliccia di Puma concolor, scudo e giubbotto antiproiettile della polizia. In attesa di accertamenti sulla sua salute mentale il maturo giovanotto è stato rilasciato su cauzione. Ha sfilato Larry Brock, un texano che la moglie ha riconosciuto in televisione mentre devastava il Campidoglio americano e, preoccupata, ha telefonato alla polizia. C’era il trentenne "rivoluzionario" Eric Gavelek Munchel recatosi a Washington accompagnato dalla mamma per filmare le scene dal vivo col telefonino, “ma senza rubare nulla” ha tenuto a precisare. Nelle stupefacenti dichiarazioni messe a verbale si era paragonato ai “Padri Pellegrini della Mayflower” e, con la mamma, “volevano dimostrare che erano disposti ad alzarsi in piedi, unirsi agli altri e combattere, se necessario”. Una stravagante coppia mammona di pericolosi sfaccendati, sfuggita di mano al buon senso e alla madre stessa che aveva aggiunto di suo “Preferirei morire come una donna di 57 anni piuttosto che vivere sotto l'oppressione”. Abbiamo visto un trentaseienne della Florida, tale Adam Johnson, quello che aveva strappato il leggio della presidente della Camera Nancy Pelosi, per portarlo in trofeo nella rotonda del Campidoglio. C’era l’imprenditrice trentanovenne, Lindsey Graham, di Salem, in Oregon, radicalizzatasi fino alla spedizione di Capitol Hill perchè col marito avevano dovuto chiudere un solarium, una palestra e un salone di bellezza, causa lockdown da pandemia, imposto dal governatore.
 
Eppure, questa accozzaglia di “Neoconfederati”, di “Groyper”, “Proud Boys”, “Complottisti di Qanon”, semplici “curiosi” (purtroppo) e altra varia umanità incolta e disperata, aveva tenuto il mondo col fiato sospeso. Pseudo-giacobini da strapazzo, giunti comodamente in aereo da vari Stati della profonda America. Pagati chissà da chi, ma certamente convocati - su ordine di Trump - a Freedom Plaza per una sedicente "Save America March", da Steve Bannon. Mentore ed ex stratega delle campagne elettorali trumpiane anch’esso ora in stato di arresto. Un figuro, tristemente noto anche in Italia, dalle parti di Collepardo, nel frusinate, per aver occupato la Certosa di Trisulti (febbraio 2018) tentando di farne una scuola per sovranisti Usa, visto che si erano spente le vocazioni di monaci cistercensi. Di fatto, avevano ostacolato il turismo laziale, impedendo di visitare il prezioso monumento ai numerosi turisti che giungono da ogni parte del mondo. Forse non era altrettanto noto, il guru nero di Trump, a chi aveva osato affittargliela, codesta Abbazia di Trisulti, per cui ci son voluti 3 anni di tribunali e proteste di Ciociari arrabbiati, per riaverla indietro.
 
Non si possono che trarre amare conclusioni e temere per il futuro USA. Chiunque siano stati tutti quelli che si sono avvicendati a nord dei territori scoperti da Colombo nel 1492 (approdato alle Bahamas, pensando di essere finito in India), popolazioni prevalentemente anglofone e francofone, si sono sempre divisi in due stereotipi. Indiani e Cow Boy, Nordisti e Sudisti, schiavisti e abolizionisti della schiavitù, negrieri e liberali filantropi, sempre in guerra tra loro, ma su territori di  nativi che non hanno mai contato nulla. Sostanzialmente la grande, ricca, “Vecchia America” mai cambiata nelle due polarità ostinatamente opposte. La scottante verità attuale, sono le “elezioni di medio termine”, che nessuno ha il coraggio di evocare, per come si sono messe le cose. I democratici temono per Biden. Trump è certo di celebrare il suo gran ritorno. L’America continua a restare col fiato sospeso, il mondo altrettanto. I “manipoli” di Trump potrebbero essere la metà della sua forza elettorale. Dunque, massima attenzione alle “elezioni di metà mandato” (“midterm”) del primo novembre 2022. Appuntamento solo rimandato.

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