I confini e i limiti della psichiatria

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22 dicembre, 2012 - 16:06

Il sig. Eugenio viene accopagnato per un parere clinico in mabulatorio psichiatrico da una sorella.

In famiglia hanno deciso così perchè egli è spesso protestatario, sospettoso, crea problemi nell'ambiente di lavoro ( fa l'insegnante) con una serie di lettere, esposti ai superiori, qualche volta al ministero a proposito di quelli che egli definisce comportamenti scorretti delle persone che lavorano con lui.

Accetta il controllo per "civiltà" e per amore verso i fratelli, ammette di essere un po' inquieto e scontento, ma riferisce questo alla realtà esterna, che non lo spddisfa e lo irrita.

Riportiamo qui una sintesi generale del lavoro clinico svolto.

 

1 Contesto familiare e sviluppo personale

Il sig. Eugenio, di 37 anni, è il primogenito di quattro fratelli, in una famiglia in cui non è dato rilevare elementi psicopatologici di qualche rilievo. Ha svolto il suo curriculum di studi, che va dal liceo fino alla laurea in Lettere, con ottimo profitto, distinguendosi per il conseguimento di borse di studi, presalari, corsi di qualificazione.
Ha svolto il servizio militare in marina, senza problemi di nessun tipo.
Il nucleo familiare in cui egli è nato e cresciuto è un nucleo ordinato, borghese e tranquillo. Il fratello e le due sorelle (egli, come si è detto, è primogenito) sono nati ad una certa distanza da lui, rispettivamente 4, 7 e 11 anni. Non è facile dire se ci fossero in questo senso nuclei di gelosia da parte del primogenito, gelosia che in ogni modo viene da lui negata, ma sembra piuttosto che si trattasse di una situazione in cui al maggiore spettava un ruolo di vigilanza, controllo e protezione: in altre parole, un ruolo pedagogico ante litteram. Non possiamo naturalmente escludere che in questa situazione la dimensione pedagogica nasca in un contesto di formazione reattiva al vissuto di perdita d'oggetto che una primogenitura sempre comporta, con vissuti di fondo di frustrazione narcisistica e residui di vulnerabilità, che rappresentano il secondo piano conflittuale rispetto al primo livello, connesso ai meccanismi di difesa che mettono in opera le istanze didattiche e riparative. Ci corre l'obbligo però, a questo punto, per non ingenerare equivoci valutativi, di annotare come in realtà si debba supporre che sia quasi la regola che al di sotto di ogni tipo di simili istanze giacciano queste valenze conflittuali profonde.
Il contesto del paziente sembra essere dunque questo.
Il padre, rappresentante di commercio, di livello culturale formalmente limitato ma sostanzialmente adeguato, viene presentato come persona "semplice e intelligente", la madre come "dolce e mediterranea". Non è facile orientarsi sul significato di uno stereotipo culturale come questo, soprattutto in una persona così teoreticamente ed anche astrattamente indottrinata come il Sig. Eugenio, ma dobbiamo supporre che questo voglia indicare un modo di relazione affettuoso, collusivo e con forti valenze di accudimento. Erto, va notato che, per l'epoca dell'infanzia, che risale alla seconda metà degli anni '50, l'allattamento al seno è stato protratto per una durata notevole (18 mesi) testimoniando di una attitudine con un versante culturale (contadino) ed uno personale (iperaccuditivo). La famiglia è stata comunque sempre molto coesa e, in generale, collusiva con il Sig. Eugenio, il quale sembra abbia rappresentato il perno di rotazione, almeno culturalmente e per l'importanza del suo inserimento sociale, del nucleo: a giudicare da quel che si ricava dalla sorella, non è da escludere che esistessero sentimenti di isolamento per l'origine immigrata della famiglia, inserita in un contesto provinciale ed a dire il vero chiuso e non privo di qualche grettezza.
Lo sviluppo dell'infanzia avviene in una situazione atta a favorire lo sviluppo di dimensioni nostalgiche. Vissuto in un ambiente familiare non solo, come si è detto, ordinato, ma affettuoso e gioviale, tra l'attenzione, forse un po' eccessiva, materna e la serenità paterna, e, in seguito, la presenza e la compagnia dei fratelli, è comprensibile che egli viva in qualche modo con lo sguardo rivolto indietro, ad osservare un'epoca del suo passato infantile che viene poi a concretizzare le sue rappresentazioni ideali di un mondo apprezzabile, giusto, privo di disordine e di comportamenti surrettizi, senza ipocrisie e ombre di sospetti e raggiri. In altre parole la nostalgia può permettere di identificare i propri ricordi infantili con una visione ideale del mondo e con una concreta tendenza al rifiutarsi ai compromessi.
Non possiamo dimenticare che nella costituzione di questa rappresentazione ideale può aver contribuito il periodo, abbastanza lungo, in cui il piccolo bimbo, in epoca antecedente alla fase di latenza, era rimasto in qualche modo solo, padrone dell'area genitoriale, inducendo una costruzione di una sorta di età dell'oro, o, se si vuole, di prima della cacciata dall'Eden. E' evidente che in questo contesto abbondano elementi di split e di conseguenza della diade idealizzazione-disprezzo. L'area familiare e infantile è investita da un processo di idealizzazione e di negazione, che poi è a sua volta elaborato da una sorta di understatement della idealizzazione, in un complesso stratificarsi di elementi difensivi. In ogni caso mai, nella presentazione delle rappresentazioni mentali collegate a queste dinamiche sovrastrutturanti, viene meno la verosomiglianza, la credibilità e un buon grado di aderenza alla realtà della descrizione: il paesaggio infantile in una sorta di ricordi bucolici e dolcissimi, le immagini agresti (definite Leonardesche, e sul termine avremo occasione di tornare tra poco), che si mescolano con relazioni familiari investite da processi manipolativi di negazione, ma che appartengono a tutto il contesto (certo anche alla sorella).
In ogni caso questi dati, che sono, più che supposizioni, valutazioni su basi teoriche generali di una realtà abbastanza evidente, e che ci si può permettere di porre senza timore di allontanarsi dalla realtà, lungi dall'aver costituito un freno o un arresto allo sviluppo della vita intellettuale e relazionale del nostro sig. Eugenio, ne hanno indirizzato l'iter personale e culturale e ne hanno determinato la direzione e l'impulso: i quali, a giudicare dai risultati, sono stati da un lato un po' impaccianti, per un certo numero di disaccordi che hanno provocato con le strutture istituzionali, dall'altro ricchi di frutti sul piano socio-culturale. L'impegno nello studio sembra essere stato notevole, a giudicare dai numerosi riconoscimenti avuti, ma anche dai numerosi impegni culturali che ne sono derivati.
Nell'insegnamento ha spesso inserito nella sua attività esperienze collaterali sempre di natura didattica, seguendo un criterio che fiancheggiava certe sue posizioni e che talora gli rendeva non scorrevole il rapporto con le istituzioni, per una sua certa rigidità che gli impedisce i compromessi, una tendenza a non tollerare quelle che egli vive come prevaricazioni, con una vulnerabilità narcisistica notevole, che talora comportava una tendenza querulomane, ed al ricorso a vie legali. Bisogna dire che questa situazione di vulnerabilità e di difficoltà relazionale si è sempre diretta esclusivamente verso le strutture portatrici dell'autorità istituzionale, e mai verso le persone cui l'insegnamento era rivolto.
La sua storia personale sembra rispondere a modelli sufficientemente integrati, ma non usuali. Vive con i genitori ed ha relazioni del tutto annacquate ed a distanza con una signora che incontra, a quanto pare, in modo intermittente. La situazione ed il contesto non sono tali da permettere al consulente un approfondimento maggiore sulla vita sessuale, la quale peraltro, investita anch'essa da un'onda di negazione inconscia, è presentata con qualche reticenza e qualche imbarazzo. Al di là di una immagine di una vita sessuale regolare e tranquilla, come dato generico che egli presenta e su cui scivola via, vi sono allusioni al fatto che i suoi disaccordi potessero essere legati alla sua sessualità, e ad una certa fama di "tombeur de femmes", che egli ovviamente contesta: si nota subito come qui ci si trova di fronte ad una intensa ambivalenza e ad un nodo conflittuale profondo, intorno a cui adesso ed in questo setting, fondamentalmente fiscale, non è né possibile né corretto approfondire.
Notevole è stata la coerenza interna della sua vita: studente alacre, ha sempre seguito i modelli di quelli che per lui rappresentavano ideali sociali e comunitari positivi con grande intento e senza mai deflettere: sulla coloritura emozionale di questi elementi ideali portanti torneremo in seguito. Nel suo sviluppo culturale sembrano quasi una ovvia conseguenza organizzazioni di gruppi culturali, e comunque tutti elementi che indicano un rilevante impegno, che pur avendo aspetti spigolosi e compensatori, è positivamente orientato. E' quasi ovvio l'orientamento verso l'insegnamento di una persona siffatta, che in quell'ambito aveva indirizzato le proprie istanze, e che poteva portargli un livello di gratificazione sufficiente. Via via, si è costituito un nucleo centrale di grande investimento emotivo, che il sig. Eugenio, un po' espansivamente, definisce la cultura, nel senso tedesco di "Kultur" inteso come civilizzazione.
Le topiche culturali che sono state iperinvestite seguono, nella rappresentazione del nostro insegnante, tre direttive: l'inquinamento, il qualunquismo sociale, e l'approssimazione nella vita sociopolitica rappresentata dall'indeterminato espresso dai condizionali (egli è nemico, dice, dei "si dovrebbe", "si potrebbe"), che paralizzano, nella sua opinione, le realizzazioni. Egli si è dunque fatto un'idea, anche se in fondo un po' vaga e poco definita, dei mali del mondo, che occorrerebbe contrastare, che definisce "le forze irrazionali", concetto per altro che non è vissuto con un'alterata coscienza di realtà ma come un argomento accettabile, anche se troppo investito, e che è largamente condiviso, specialmente oggi, da molte persone con notevoli velleità culturali e sociali. Tutto questo ha avuto anche un risvolto in politica attiva, che è stata svolta senza particolari problemi, e senza neppure entusiasmi particolari, ma che ha lasciato in lui elementi di delusione e di disprezzo espressi peraltro con modalità moderate e facilmente condivisibili.
Si diceva dell'iperinvestimento: purtroppo questa modalità emotiva intensa di investire contenuti di per sé accettabili o socialmente condivisi si è indirizzata verso due aspetti che si sono concretizzati nelle dimensioni querulomane ed epistolomane, per usare due termini senza dar loro eccessivo peso di indicazione semeiotica. La sua tendenza è quella di scrivere numerose lettere, portanti numerosi indirizzi (colla tecnica burocratica del "...e per conoscenza") e dirette a più personaggi investiti di autorità ufficiale. I contenuti sono diversi, indubbiamente su diversi eventi di importanza socio-politica, o fondamentalmente perturbanti, dall'inquinamento, al naturalismo, ad eventi come attentati o altre cose di questo genere; l'aspetto formale, eccessivo ma mai scorretto o sconveniente, tende al rigore burocratico mescolato ad un vissuto di intensa rivendicazione. Si può dire rigore burocratico mescolato ad un vissuto di intensa rivendicazione. 
Si può dire che non esistessero eventi importanti della cronaca, senza che il nostro sig. Eugenio, come via finale comune, si sedesse a tavolino e scrivesse una serie di lettere a importanti personaggi. Ultimamente, un aspetto inconsapevolmente querulo, ha condotto ad una serie di contenziosi e malintesi, e di conseguenza di scontri su problemi di poco momento (proteste normative, disaccordi sulla gestione di questioni marginali): questi scontri, condotti su temi ragionevoli e sensati, hanno innescato un esempio tipico di quei circoli viziosi, o bellicosità istituzionali, in cui alla rigidità del singolo fa riscontro la rigidità dell'istituzione, mettendo in moto una querulosità bilaterale.

 

2 - La struttura della personalità

La struttura di personalità del sig. Eugenio è dominata da un'apparenza stenica, che si esprime nelle attitudini rigide ed ipercombattive cui si è fatto cenno. Si diceva apparenza, perché non si tarda a scorgere, al di sotto di questo suo aspetto, una sorta di forzosa ipersicurezza compensatoria, con un secondo livello di linee caratteriali più fragili e più reali nello stesso tempo che si esprimono in tre componenti fondamentali:
- la vulnerabilità che è coperta da una attenzione circospetta e da un timore di fondo, causa non ultima delle attitudini ipersteniche di facciata;
- la tendenza alla risposta sensitiva, in senso Kretschmeriano, con notevole possibilità di ricezione degli stimoli (nel senso di Erlebnisse, stimoli a valore di vissuto interiore), notevole elaborazione interiore, e difficoltà di scarico;
- vedendo le cose in modo più dinamico, la evidente presenza della ferita narcisistica, con un vissuto rigorosamente ma inefficientemente masherato di umiliazione e di scacco.
Non è portato invece al corto circuito con salto dallo stimolo all'acting, dato che, nella diade delle personalità inquiete di Kretschmer, egli si è situato sul versante della elaborazione sensitiva, o di quella ripetitivo-rimuginativa, e mai sul versante esplosivo, garanzia questa di ponderatezza di risposte, anche se a prezzo di una intensa ansia vissuta come esperienza interiore astenizzante e inibente.
La scelta di difese negatorie e proiettive, più che di quelle annullatorie e di formazioni reattive, ha accantonato la modalità ossessivo-compulsiva di approccio, ed ha prodotto una notevole tendenza alle attività sociali e comunitarie, con spiccate tendenze riparative, bene adatte, bisogna dire, alle attività pedagogiche, ma, come altra faccia della medaglia, con aspetti contestatari più che insubordinati verso le autorità superiori impliciti in questa struttura di personalità. Non propriamente quindi una tendenza trasgressiva né insubordinata, ma contestativa e querula, per cui ogni opposizione passerà sempre attraverso rigorose vie ufficiali e gerarchiche, anche se in modo insistente.
Si tratta in fondo di una persona tendente all'aggiustamento dei torti e alla difesa dei deboli, allo scopo di difendere la parte lesa di sé, anche se il problema è l'estensione o il "range" di selettività sulla protezione degli indifesi e della giustizia, come sempre in questi casi: da qui i dissensi su alcuni tipi di attività, i ricorsi, i contenziosi, le innumerevoli lettere, cui abbiamo fatto cenno e su cui dovremo ancora tornare.
In questo contesto una parte importante ha, come ovvio, nell'atmosfera generalmente splittante che fascia la realtà, la idealizzazione, che investe personaggi grandiosi e fuori del contesto, adatti a questo procedimento di scissione: Leonardo da Vinci è un suo personaggio ideale, il che testimonia la distanza cautelativa a cui pone il proprio ideale grandioso.
Le sue adesioni etico-intellettuali, così come quelle religiose, sembrano intense, ma vengono sempre tenute sul versante più generico, per permettergli di accoppiare il rigore con uno spazio contestatario fuori da vincoli strettamente istituzionali. Ne risulta un quadro di personalità contradditorio, certo sul versante delle personalità sensitive, in senso Kretschmeriano, o nel senso delle personalità inquiete, nel senso di K. Schneider, ma ovviamente non sufficientemente ed esaurientemente definibile in queste due categorie teoriche: tratti di vulnerabilità, tratti delicato-sensibili, rifiniscono il quadro dandogli dimensioni di gentilezza e di affettuosità, e di indulgenza in certi ambiti, mentre gli altri tratti gli danno aspetti si ipersincerità e di eccessiva pugnacità, e di indurimento e mancanza di "resiliance", che dipingono una personalità complessa e contrastante. In questo senso è particolarmente importante nella sua vita interiore il momento epistolare, che gli permette di ovviare a esigenze di elaborazione culturale e di linguaggio, e alle sue difficoltà di rapporto: egli infatti, in linea con la sua struttura generale, tende alla cordialità e alla scorrevolezza dei rapporti personali, in contrasto con la scabrosità nei rapporti istituzionali, ma mai è portato all'intimità.
Ciononostante non si intravvedono nella sua personalità aree di ritiro o chiusura autistiche o autistico-simili. Il contatto con la realtà, anche quando è eccessivo, è sempre mantenuto, ancorché nei rapporti epistolari le componenti espansive tendano a straripare e a prendergli la mano. E' comprensibile peraltro che egli possa funzionare abbastanza bene con la parte infantile di sé, che rimane campeggiante in questa persona, fondamentalmente immersa in una vita secondo canoni che riguardano una esistenza entro un ambito infantile (coi genitori), senza realizzazioni affettive adulte, che tratta il mondo affettivo-sessuale con grande circospezione e distanza: per cui la dimensione pedagogica gli fa trovare una integrazione di linguaggio ed emotiva che lo fa funzionare bene e lo soddisfa.

 

3 - Aspetti psicodinamici

Meglio che sugli aspetti descrittivi, una struttura di personalità così complessa può essere compresa attraverso un tentativo di approccio dinamico che qui, dato il tipo di setting, può essere solo oggetto di valutazione per linee generali. Tuttavia non c'è dubbio che il sig. Eugenio debba esistere, completamente al di fuori dell'organizzazione della sua coscienza e della sua memoria, un trauma antico, che deve essere inteso come all'origine del conflitto di perdita. L'ipotesi può ruotare intorno ad eventi legati alla nascita del fratello (avvenuta durante la fase epidica del sig. Eugenio, subito prima della latenza), in un bimbo con forti legami arcaici e pregenitali, con un allattamento durato fino ai 18 mesi di età.
Dato questo come ipotesi di lavoro, in luogo della dimensione depressiva che ci si sarebbe potuto attendere, quello che si vede oggi è il versante connesso alle difese splittanti, ed agli aspetti connessi a meccanismi abbastanza regressivi di proiezione e di negazione. Non v'è dubbio che ci troviamo di fronte ad un Super-io rigido, che gli prescrive l'obbligo di rispondere il più possibile e faticosamente al meglio ai problemi posti dall'Ideale dell'Io, di rispondere dunque sempre al massimo livello e senza cedimenti alle istanze interiori. 
Al sorgere di vissuti, che rinovellino il trauma antico di esclusione e di separazione, e che sarebbero perciò umilianti, è preferito un ritorno al contenzioso che neghi ogni abbassamento di livello di fronte al Super-io, e che sfocia nella rivendicazione e nella protesta, o nell'esigenza che tutti sappiano (le lettere) che la propria posizione di fronte a gesti considerati negativi sia dissociata e che egli stia dalla parte della giustizia, della equità e della correttezza.
Non siamo sicuri che in sé questa posizione, sul piano strettamente educativo, sia controproducente, perché può stimolare la persona a identificarsi col Super-io rigoroso per dettare principi positivi: la situazione può essere dolorosa invece sul piano personale perché pone un individuo sul filo del rasoio tra la depressione, attraverso la perdita di oggetto e quindi di autostima, e la difesa negatoria ed espansiva, tra l'aspetto autopunitivo ed extrapunitivo che qui, bilanciandosi tra la parte bambina e offesa di sé e il Super-io vissuto come oggetto esterno impositivo, distribuisce le istanze riparative sugli inferiori e quelle contestatarie sui superiori. Il bipolarismo apparente che può essere facilmente intravisto in questa situazione, è legato a questa "bascule" dinamica tra coartazione ed espansione, a seconda del prevalere di ferita narcisistica o di difesa compensatoria.

 

4 - Esame psichico

L'esame psichico si riferisce a cinque di un'ora col sig. Eugenio, eseguiti in un lasso di tempo di 20 giorni. Appare in condizioni di completa vigilanza e lucidità: l'attitudine generale è quella di una persona con ottima volontà di collaborazione, che non nasconde una certa preoccupazione data la natura delle operazioni e l'importanza in palio della situazione: il comportamento è quello di una persona disinvolta e scorrevole nel rapporto, ma non si fatica a notare un atteggiamento di chi sta scrutando e che è estremamente presente a se stesso. Una certa eccessiva ipercompiacenza non manca di dare un "allure" un poco stridente al rapporto ma, ove si ponga mente all'aspetto di "esame" del colloquio, come egli lo imposta in un primo tempo, e che è comunque presente ad incombere sulla scioltezza del rapporto, si comprende una certa scissione tra l'impostazione disinvolta, quasi di ironico "understatement" dato al colloquio, come di chi minimizzi, appiani, smussi gli angoli, e l'attenzione notevole fino ad una certa rigidità di fondo nelle osservazioni e nel loro tono. Tutto sommato, tenendo conto di quel che si è detto, e di una coscienza dell'Io ipervigile, il rapporto che instaura con lui è ottimale. Rimane qualche dato, come l'eccessivo uso di formule di cortesia come "prego", o "scusi" quando è interrotto, il cui significato, in questo contesto, è relativo.
Intanto, manca ogni segno di alterazione delle funzioni elementari della psiche. Orientamento spaziale e temporale perfetto, non vi sono turbe dell'attenzione, semmai una iperprosessia situazionale, non eccessivamente specifica, non selettiva per certi argomenti, non insomma, di qualità paranoicale. La memoria, ad ogni suo livello, è ottima, sia nella rievocazione degli engrammi lontani, prossimi e immediati, sia nella capacità di inquadrarli in schemi temporali validi. Esiste semmai una certa ipermnesia circostanziata, legata alla situazione fiscale, ma comprensibile e non tendente ad amplificare particolari secondari o connessi a significati privati.
Il linguaggio è formalmente normale: l'ordine delle associazioni, sia sul piano affettivo che logico, è conservato, così come i nessi lessicali e strutturali; non v'è segno di intoppi, neologismi, affettazione, cerimoniali linguistici, deragliamento o iperinclusione. Esprime un buon livello culturale, ed una certa ricerca, nella forma e nei contenuti, di rispondere al meglio di fronte all'interlocutore, ma senza che sia caricato o innaturale, e quindi senza dimensioni anomale, bizzarre o enfatiche: non c'è, insomma, né la dimensione autistica né la dimensione del falso sé nel linguaggio.
I contenuti che presenta sono assai carichi emotivamente, ma non è mai dato rilevare aspetti propriamente anancastici, né aspetti propriamente deliranti, nel senso duplice o del convincimento del pensiero erroneo o della alterazione della coscienza di realtà. I contenuti di pensiero, che riguardano la giustizia, l'onestà sociale, l'educazione, rigori morali e religiosi di vario tipo, istanze ecologiche, sono gruppi di idee inerenti i valori etico-sociali iperinvestite sul piano emotivo, non strutturalmente alterate o improprie, e rientrano in quella dimensione semeiologica che propriamente viene descritta in psicopatologia come "überwertige Idee", tradotta di solito con un filo di improprietà nel linguaggio psicopatologico nostrano come "idea prevalente", e che meglio andrebbero definite "idea sopravvalutata". La sopravvalutazione come ovvio non riguarda il valore in sé di questi gruppi di idee, ma l'investimento soggettivo dell'individuo che qui viene ad essere rilevante, e che traduce bene il termine Freudiano di "Besetzung" con tutto il suo senso di occupazione totale o prevalente.
Questi contenuti, nel caso del sig. Eugenio, rimangono sempre generali, ruotanti intorno al "valore etico-sociale" e non scendono mai nello specifico e nel personale: in questo senso si rilevano diritti da rivendicare, di ordine generale, ma non sospettosità, timori di maltrattamento o persecuzione, idee conchiuse di inagibilità del rapporto e così via.
Gli unici contenuti che mettono in gioco qualche sospettosità e qualche diffidenza vengono innescati dalla vita sessuale, com l'ipotesi suggeritagli da un amico, che questo malvolere verso di lui possa collegarsi a qualche sua dimensione che abbia scatenato invidia e gelosia: questi sono comprensibili e poco rilevanti, sia nel modo come vengono presentati, sia considerando la situazione dinamica generale su cui non è opportuno addentrarsi per soli motivi fiscali.
Anche nel colloquio, la dimensione epistolomanica è subito evidente, data la quantità di lettere che spontaneamente il sig. Eugenio esibisce: sembra che questo sia il modo centrale e fondamentale con cui si evidenziano le idee sopravvalutate, ed è comprensibile che ciò sia stato per molti irritante. Intanto, va tenuto presente che egli scrive, e coltiva tendenze letterarie, come di rilievo usuale nelle persone colte nel nostro paese: le poesie che abbiamo visto si basano su metonimie o calambours: per esempio, azioni privilegiate e ordinate, con cui si sottolinea il privilegio. 
Nelle lettere questa attività grafica sembra gratificare istanze e valenze espansive, in lettere circostanziate e ridondanti su contenuti ovvi e scontati, ma non malintesi o anomali. Le percezioni sono in ordine. Per ciò che riguarda l'affettività, si notano, al di sotto di una certa imperturbabilità difensiva, grandi livelli di emozioni in movimento, contenuti da attente difese: vissuti di amarezza, presumibilmente legati all'alto grado di frustrazione narcisistica, e alla grande vulnerabilità, sotto alla scorza di robusta disinvoltura. E' una persona sempre al limite tra la negazione e l'understatement, attraverso iperinvestimenti parziali e laterali, e perdite e lutti depressivi. A questo si connette un profondo senso di recriminazione e di rivendicazione, con bisogno intenso di farsi le proprie ragioni, come modo di arroccamento anti-frustrazione e anti-depressione, e da qui nascono gli aspetti querulomani. Le dimensioni bipolari che possono intravvedersi nel quadro sono legate a questo bilanciamento alternante tra conflitto e difesa, di cui abbiamo già reso conto parlando delle dimensioni dinamiche

 

5 - Osservazioni clinico-diagnostiche

Risulta subito evidente come non sia possibile estrarre, dalla storia clinica e dall'esame psichico del sig. Eugenio, dati atti a configurare sul piano clinico-semeiotico una figura o una diagnosi psicopatologica: non esiste insomma, a livello della sindrome clinica, o se si vuole usare una terminologia attuale, una possibilità di individuare un quadro in asse I o III nel DSMIIIR né nel DSMIV né nel ICD10. Superando i problemi teorici nosologici, possiamo dire in breve che non si rileva nel nostro esaminato alcuna sindrome, al momento del rilevamento (né l'anamnesi lo fa supporre in passato), che abbia dignità nosologica.
Le costellazioni di idee che peraltro sono talora, come abbiamo detto, eccessivamente investite, e per contro sono talora espresse in modo ridondante e inusuale (epistolomania) non si configurano nella categoria del delirio, inteso come delirio primario e intuitivo, dato che il carattere di intuitività, alterazione primaria della coscienza di realtà, gli aspetti di non comprensibilità, nel senso di Jaspers, mancano totalmente. Questo, se si associa alla conservazione della struttura di personalità, alla mancanza di tratti autistici, all'assenza di comportamenti spiccatamente tesi al soddisfacimento di bisogni interiori senza tener conto della realtà, alla buona integrazione affettiva e alla totale assenza di alterazioni della linea percettiva e della coscienza dell'Io, permettono di escludere l'area della psicosi paranoide.
Vero che col termine di "paranoid disorder" le recenti classificazioni (DSM) individuano quello che nella nosologia psichiatrica classica viene classificato come paranoia, o psicosi paranoicale, centrata sulla presenza di un deliroide di sviluppo: Wahnhaft, quindi un tipo di delirio che si sviluppa, in termini psicologicamente comprensibili, dalla struttura di personalità. Ma anche da questo punto di vista non possiamo riscontrare un quadro delirante nella sua autonomia e nella sua struttura peculiare, per l'integrazione affettiva del tutto accettabile, per la scarsa invadenza dei nuclei di idee, per l'ampia condivisione sociale delle stesse, per le vie sempre, pur nella loro ridondanza, ineccepibili attraverso cui vengono sostenute: certo si tratta di una persona inadatta ai compromessi, ma di lì a parlare di delirio di sviluppo, o di sviluppo delirante, ce ne passa.
Rimane l'ambito dei disturbi di personalità dato che questa è una diagnosi che ha un suo senso solo riferendosi all'asse II del DSM, occorre rifarci per un momento a questo. Il DSM precisa che per parlare di Disturbo Paranoide di Personalità, che definiremo d'ora in avanti DPP, è fondamentale l'esistenza di una tendenza pervasiva e immotivata, che comincia entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, ad interpretare le azioni della gente come deliberatamente umilianti e minacciose. Quasi invariabilmente c'è una aspettativa generica di essere in qualche modo sfruttato o danneggiato dagli altri. Dubitano, queste persone, senza giustificazione della fedeltà del partner, e della affidabilità di amici e colleghi: sospettano, per esempio, che si facciano deliberatamente errori a loro danno, portano rancore per lungo tempo, non dimenticano mai insulti e offese, vedono comunque minacce e prendono di continuo precauzioni, e si ritrovano spesso ad apparire misteriosi, tortuosi e a complottare, cercando sempre conferma dei loro sospetti e aspettative, e pensando che gli altri dicano cose malevole e volgari verso di loro.
Non si può rilevare questo nel sig. Eugenio: ma ciò che è ancora più lontano da lui è il fatto che nel DPP ci troviamo di fronte a persone che "di solito mancano di sentimenti passivi, delicati e romantici, teneri, e che, tra l'altro non sono interessati all'arte e all'estetica, e tendono a disprezzare la gente debole, accomodante, delicata, cagionevole, handiccapata". I criteri diagnostici per il DPP sono fondamentalmente l'aspettativa di essere sfruttato o danneggiato dagli altri, il dubitare senza giustificazione della affidabilità o lealtà altrui, lo scorgere significati umilianti o minacciosi nelle piccole cose di tutti i giorni, il rancore continuo, la tendenza alla chiusura nel timore che ogni cosa venga usata contro di lui, tendenza a reagire con rabbia e a contrattaccare, idee di gelosia ingiustificate, il tutto immerso, come si diceva, in una atmosfera pervasiva a interpretare le azioni delle persone come umilianti e minacciose.
Dall'esame psichico del sig. Eugenio abbiamo in realtà delineato una persona bene integrata affettivamente, con chiusure di sospetto e di diffidenza, ma in cui l'elemento dominante è l'idea sopravvalutata, come dicevamo, la "überwertige idee", iperinvestita, con un senso espansivo e certo eccessivo dei valori etico-sociali, ben lontano dal particolarismo, dalla limitazione di campo, dalle spigolosità relazionali ed affettive, dalla tendenza all'autoriferimento ed alla malinterpretazione dei piccoli gesti tipica del DPP. D'altra parte, anche la diagnosi, sempre in asse II, di disturbo narcisistico di personalità (DNP), diagnosi sempre avente senso se riferita al sistema classificatorio del DSM, non è nel nostro caso praticabile. Manca qui la dimensione del rilevante disturbo di identità, la tendenza all'isolamento e al distacco affettivo, e la tendenza a seguire la legge del tutto o del niente nella valutazione dei rapporti, che esprime un grado di ferita narcisistica trattata con modalità regressive, non presenti nel nostro caso. Nel DNP non è tanto in gioco l'importanza del sé di fronte all'oggetto, ma un intenso ritiro (withdrawal) che rende poco praticabile la realtà. Dunque, diagnosi di disturbi di personalità, come dire diagnosi in asse II, non si possono che escludere nel nostro caso, come abbiamo fatto per le diagnosi in asse I.

 

6 - Conclusioni diagnostiche e sull'evoluzione

Ciò che si può certamente dire è che ci troviamo qui di fronte non ad un disturbo della personalità, ma ad una particolare struttura della personalità, che può essere definita nella classificazione Schneideriana come personalità inquieta, sul versante sensitivo, e nella classificazione di Kretschmer come struttura di personalità sensitiva, con aspetti in superficie stenici, ma in realtà vulnerabili e tendenzialmente fragili, con tendenza all'iperelaborazione dei vissuti e alla espansione di contenuti di valore sociale condiviso, in bilico tra rimuginazione ossessiva e proiezione. La situazione può essere meglio intravista e spiegata ritornando all'esame delle componenti psicodinamiche, che lasciano scorgere un trauma narcisistico antico con difese e compensi antidepressivi, del tipo negazione e proiezione, anche se espressi in un iperinvestimento di nuclei di idee socialmente condivise a configurare l'aspetto semeiotico dell'idea prevalente.
Questi ipercompensi antidepressivi sono legati a conflittualità profonde, tramite modalità di difesa ben conosciute in psicoanalisi, che lasciano il paziente in bilico tra dimensioni espansive e coartive: nell'ambito delle dimensioni sensitive ed espansive assieme (ipercompensatorie) della personalità si muove l'atteggiamento contestatario, epistolomane, di iperinvestimento di nuclei di idee etico-sociali ampiamente condivise, che non riesce a disgregare e ad intaccare il nucleo di personalità di base, configurando così un quadro di variante anomala di personalità, ma non un disturbo di personalità così come inteso dal DSM, o comunque non una situazione da potersi definire propriamente psicopatologica.
Per ciò che riguarda la possibile evoluzione del quadro, la personalità di base è certamente determinante, regolando gli ipercompensi e gli scompensi di fondo, come per tutte le persone. Ma non è possibile qui prevedere una evoluzione, come si farebbe propriamente con una malattia, dato che essa dipende dallo sviluppo degli eventi della vita e della realtà, in cui le frustrazioni provocheranno depressioni o ipercompensi espansivi, e il sig. Eugenio, possiamo prevedere, percorrerà, come tutti, il suo cammino tra asperità e facilitazioni, anche se, in ragione della sua struttura di personalità, con possibili punte emotive più intense e con possibili eccessi di investimento, sia coartativi che espansivi.
Il quadro di personalità è quindi un quadro insaturo: solo la saturazione da parte di eventi che non possiamo prevedere potrebbe portare alla patologia. Né possiamo pensare a qualsiasi tipo di prevenzione, perché ciò significherebbe entrare in una serie di eventi e di realtà di vita, su cui non abbiamo giurisdizione. Il sig. Eugenio ha pieno diritto di fare quello che fa, realisticamente o utopicamente, anche se ciò è scomodo e crea turbamenti diversi, si assumerà le proprie responsabilità e sarà più o meno tollerato a seconda di chi incontrerà e degli interessi che scontrerà. La psichiatria, qui, si deve ritirare in buon ordine.
Non ritengo che un intervento farmacologico sia di qualche utilità, anche per la mancanza di bersaglio per i farmaci. Un intervento psicoanalitico non mi pare praticabile in questa personalità così rigida, e le garanzie di successo sarebbero limitate rispetto alla mole di lavoro da svolgere.

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