Intervista a R. Rossi, Università di Genova

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3 dicembre, 2012 - 19:21

Domanda: Cosa ne pensa di ciò che è emerso in questo congresso in relazione alla psicoterapia?
Risposta: Mi pare di aver visto un grande interesse da parte degli psichiatri, anche giovani, per quei simposi non strettamente biologico-positivi, ovvero interesse per quelle componenti della psichiatria riguardanti aspetti relazionali, emotivi e psicoterapeutici.
Io credo che questo sia inevitabile perché la componente psicoterapeutica è implicita nel rapporto psichiatrico; ne consegue che, col tempo, e soprattutto con una fattiva collaborazione, ci sarà una vera crescita relazionale, interpersonale, e un ascolto sempre più “accrescitivo”.

Domanda: Cosa possiamo intendere per “accrescitivo”?
Risposta: Nel senso che lo psichiatra ha molto bisogno di uscire fuori da un ruolo strettamente legato alle valutazioni, alle rating scale, ed entrare in una dimensione culturale; questo non solo e non tanto per la terapia del paziente, ma quanto per una maggiore gratificazione del medico stesso, per la sua integrazione e per aumentare la propria autostima.
Quando lo psichiatra è convinto di fare uno splendido mestiere, che lo gratifica e che apporta alla sua vita una serie di elementi positivi, vive meglio e quindi lavora meglio.
Lo psichiatra, che fa il maniscalco e batte e forgia il ferro di cavallo, dovrebbe diventare come il Cellini,che continua a battere e a forgiare ma con ben altri intenti ed affina sempre di più il suo lavoro.
Bisognerebbe capire che questo è un lavoro molto bello che ci arricchisce e che ci dona delle occasioni culturali e di relazione molto importanti.
In questo congresso ho visto una notevole affluenza di persone alle tavole rotonde che riguardavano argomenti “non biologici” e questo, naturalmente, ha un suo senso. 

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