Seconda giornata - Giovedì 17 maggio

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24 novembre, 2012 - 12:44

"DALLE CONOSCENZE SCIENTIFICHE ALLE POLITICHE SANITARIE PER LE STRUTTURE COMUNITARIE: VALUTAZIONE, ACCREDITAMENTO E LIBERTA' DI SCELTA DEL MEDICO E DEL LUOGO DI CURA"

Chairmen: G. Giusto, L. Cancrini

La mattina si apre con i saluti da parte della Dott.ssa S. Frattini, Dirigente dell'Ufficio Psichiatria, in rappresentanza dell'Assessore alla Sanità, che ricorda come sia imminente la trattativa del piano di rientro presso il ministero, la valutazione dei requisiti per le autorizzazioni e l'accreditamento, per un miglioramento continuo al fine di portare l'assistenza ai livelli di eccellenza.
Prosegue il Dott. G. Giusto, che spiega il significato del titolo e auspica un confronto sulle strutture, che necessitano di chiarezza dal punto di vista legislativo, per prevedere dove si va, avere prospettive certe, considerando l'investimento sia lavorativo che finanziario. Su questi temi sono presenti al convegno diverse personalità che, per le loro competenze, sono in grado di sviscerarlo in modo puntuale ed approfondito.
Prende la parola il Dott. L. Cancrini, che trae spunto da un'esperienza personale per parlare di concorrenza come qualcosa di costruttivo, e non necessariamente distruttivo, come alcuni la intendono in ambito sanitario: concorrenza nel significato di "correre insieme" finalizzata al raggiungimento di un obiettivo comune. Spiega in seguito le difficoltà delle Comunità Terapeutiche (CT) private, che sono vincolate da numerosi problemi burocratici. La CT è "un tempo in un percorso", è parte di una rete , come per esempio nel modello dipartimentale.
Il primo relatore ufficiale è il Prof. A. Zangrandi, Professore di Economia Az. Sanitaria presso l'Università degli studi di Parma, che illustra il tema dell'accreditamento e della qualità. Si tratta di due concetti che implicano tre aspetti uniti tra loro: il primo è la qualità in sanità, tema fondante, implicito a tutti gli elementi di natura organizzativa ed operativa, e conseguente accreditamento, che è il modo di rendere concreto il tema della qualità. Il secondo tema è la libera scelta, che trova nell'accreditamento uno strumento, ma che in realtà è una condizione necessaria ma non sufficiente alla qualità. Il terzo punto riguarda la funzione manageriale: il tema dell'accreditamento non è un aspetto burocratico a servizio delle proprie finalità, non è un valore acquisito una volta e mantenuto per sempre, ma continuamente in discussione e da perseguire nel tempo.
Il grande limite della qualità nella sanità in generale, e ancor più nella psichiatria, è la misurazione: è difficilmente verificabile e quantificabile: per questo si parla di standard, cioè delle aspettative; la qualità è infatti l'aspettativa del livello del servizio che mi attendo di ottenere e che occorre garantire. Il problema in questa definizione però è: aspettativa rispetto a cosa? Ci sono tre diversi momenti che possono dare gli standard di riferimento:
- il risultato atteso (outcome) o modificazione dello stato di bisogno;
- i comportamenti (processi) che l'organizzazione deve sviluppare per dare qualità
- le risorse e le modalità con cui le risorse devono esistere (input o condizioni iniziali)
L'esperienza in realtà non arriva mai a definirli, soprattutto perché sono fortemente determinati da variabili diverse; poco praticati sono gli standard legati ai comportamenti. L'accreditamento non può essere visto come un elemento di natura burocratica: è principalmente una garanzia nei confronti del paziente. Il tema del miglioramento continuo è quello su cui si deve concentrare l'attenzione: un insieme di azioni che l'organizzazione deve porre in essere.
Prosegue il Dott. L. Ferrannini, direttore DSM Asl 3 Genovese e segretario SIP, sottolineando la necessità di una visione unica fra pubblico e privato. Definisce il contratto di cura "sufficientemente buono", basato sull'informazione, sulla partecipazione, sull'equilibrio tra dare e ricevere, la condivisione sulle finalità e sulle aspettative da parte di tutti i soggetti coinvolti. E' importante mantenere la centralità sulle persone e sui loro bisogni, avendo già dall'inizio una prospettiva sul "dopo". Si devono valorizzare le regole dell'ingaggio, gli spazi di negoziazione , la trasparenza, le responsabilità di tutte le parti, la dimensione del senso e della speranza.
Non si deve trascurare il valore delle differenze: per esempio la persona e la sua storia di vita rispetto alla malattia; poiché sulle differenze si costruisce la personalizzazione del trattamento. La realtà clinica pone di fronte invece al "contratto difficile": dal rifiuto alla passività, in cui il paziente spesso non riesce a stare dentro il percorso. La nostra costituzione ci ricorda che i limiti del trattamento sono imposti dal rispetto della persona umana. I presupposti del contratto difficile sono gli aspetti giuridici, la centralità della visione psicopatologica e delle cure, la mediazione fra diritti individuali e del collettivo. La relazione terapeutica è in movimento: pazienti trattati in residenzialità, interventi in carcere, responsabilità clinica e sociale del medico.
Alcune situazioni limite che ci si trova ad affrontare sono i TSO extraospedalieri, stati di inabilità e capacità limitata, pazienti autori di reato, spazi per un'autorità neutrale. L'intervento successivo è quello del Dott. M. D'Alema che fa riferimento alla Costituzione (art 32) ed alla legge 180 per sottolineare il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura, sancito anche dalle leggi 502-517 e dalla Carta dei Servizi. Nell'ambito psichiatrico, soprattutto nelle patologie più gravi, la libera scelta non è considerata un aspetto prioritario rispetto per esempio al problema dei costi oppure al fatto che in questi casi il contratto di cura ha ampi aspetti coercitivi, fino al TSO.
E' importante comunque la riaffermazione del diritto alla libera scelta ed è importante ribadire l'idea ed il principio ma si devono anche trovare le modalità per renderlo effettivo. Un altro aspetto da considerare è il modello del consumatore associato all'idea della concorrenza: in Sanità non è un modello che il relatore ritiene opportuno, e tantomeno nella salute mentale.
Il Ministero con le Regioni deve programmare gli interventi sulle base di percorsi e processi di cura non trascurando la cooperazione tra équipe e paziente nei processi decisionali. La sede locale consente la programmazione dei bisogni che possono trovare risposte, ma può anche offrire uno spazio di valutazione, coinvolgendo i fruitori dei servizi come valutatori.
Passa poi a considerare i livelli essenziali di assistenza e introduce il problema del riconoscimento dei leaders che devono avere una parte attiva al progetto terapeutico. C'è il problema di ritrovare il protagonismo degli operatori che devono essere messi nelle condizioni di poter riconoscere una leadership. Una serie di questioni deve consentire una deroga dal discorso della territorialità, per esempio determinate patologie oppure la possibilità di aprire centri specializzati incentrati su una particolare diagnosi.
La sezione si chiude con l'intervento del Dott. R. Bosio che propone di andare oltre l'accreditamento. Spiega che il primo a parlare di qualità fu Cadman nel 1914 negli USA in relazione al proprio lavoro di chirurgo. In Italia solo ottanta anni dopo si è affrontato questo argomento che presenta ancora grandi difficoltà di approccio per la mancanza di fondi. In materia di qualità la tutela degli utenti è affidata ad una legge del '98. Nel prendere in esame la dimensione della qualità risulta fondamentale conoscere il contesto culturale in cui si opera.
Si parla poi di "Struttura" nel far riferimento alle risorse disponibili, al personale, alle attrezzature, agli edifici, alle modalità organizzative stesse. La qualità è strettamente correlata ai contesti culturali in cui si cala: questo aspetto rappresenta il suo punto di forza ed il suo limite perché non potrà mai diventare universale. Possibili criteri di qualità sono: efficacia, soddisfazione di operatori e pazienti. Le diverse tecniche di avvicinamento alla qualità prevedono un approccio organizzativo gestionale. In Italia non sono molte le strutture che hanno creato registri per l'accreditamento ma molti si sono avvalsi della normativa ISO, andando a superare quindi il processo di conoscenza di se stessi per produrre nuove idee. Dall'accreditamento certificativo ci si auspica di passare a quello per criteri minimi che può garantire equità nella cura o magari puntare all'eccellenza.

Ad aprire gli interventi preordinati è il Dott. G. Luoni che ha affrontato il problema dell'alleanza terapeutica e dei processi di integrazione degli interventi. In letteratura risulta che la percentuale di pazienti psicotici non complianti è compresa tra il 70 e l'80 %, è quindi fondamentale attuare interventi per migliorare l'adesione al trattamento, ad esempio con programmi psicoeducazionali e psicoterapeutici, con iniziative specifiche prima delle dimissioni ed anche richiamando i pazienti telefonicamente al termine della degenza. Le relazioni tra uomini procedono attraverso fasi di rottura a cui segue un processo di riparazione del legame e tali modelli relazionali si presentano anche all'interno della relazione terapeutica. Per questo è sì importante offrire stabilità ed attendibilità al paziente psicotico, ma ancor più importante è la capacità del terapeuta di dare origine a processi di riparazione. Rottura e riparazione attivano processi di novità e sono quindi fondamentali.
La costruzione dell'alleanza terapeutica e la stabilizzazione dei legami avvengono attraverso l'integrazione degli interventi, fondamentale quello con i familiari. Nelle CT ad elevata protezione ed intensità assistenziale con permanenze fino a 90 giorni nei periodi del postricovero o in alternativa al ricovero è quindi basilare attuare progetti di ridefinizione del processo terapeutico e riorganizzare gli interventi.
A questo intervento è seguito quello dell' Avv. E. Robotti che ha analizzato le problematiche relative all'autorizzazione, all'accreditamento ed agli accordi contrattuali delle strutture terapeutiche che sono alla base del nostro SSN. Notevoli sono le differenze fra i criteri autorizzativi previsti dalle regioni italiane ed anche all'interno di queste fra Asl diverse per cui è davvero difficile capire quali e quante tipologie di strutture esistono in Italia. Inoltre la presenza di questi criteri spesso riduce tutto ad un modello burocratico, senza dare garanzie di libertà di scelta del medico e del luogo di cura al cittadino (diritto fondamentale sancito in primis dalla Costituzione) e senza tutelare la parità di diritti che strutture pubbliche e private dovrebbero avere.
Quindi il lavoro che il governo e le regioni dovranno affrontare sarà quello di ascoltare tutti gli operatori del settore, ma anche coloro che hanno avuto un ruolo fondamentale nell'applicazione delle innovazioni previste dalla Legge Basaglia, ovvero i privati. 
A concludere questa mattinata di lavori è stato il Dott. P. Passeri con la presentazione dei risultati di un sistema di monitoraggio del follow up in una struttura comunitaria Fenascop con il quale si è venuta ad evidenziare la necessità di individuare, per la valutazione delle attività nelle strutture comunitarie italiane, specifici indicatori di esito condivisibili. Gli strumenti utilizzati per questo caso sono stati un follow up basato su interviste a pazienti a distanza di un anno e poi due anni dalla dimissione ed i dati raccolti tramite l'applicazione della cartella clinica informatizzata "Redancia System". Si è venuto ad evidenziare che i trattamenti presentano un picco di applicazione nel periodo iniziale della degenza, ma dopo due anni gli stessi diminuiscono progressivamente, in particolare le attività prelavorative e quelle psicoterapeutiche, mentre restano sempre a buoni livelli quelle ludiche che rischiano così di diventare prevalenti duranti i soggiorni lunghi. Gli stessi dati sono stati rilevati anche per i pazienti dimessi; analizzando invece le differenze presenti nel trattamento in base alla provenienza del paziente (famiglia, OPG, ospedali, strutture protette, altro) più protratto nel tempo sembra essere l'impegno rivolto a pazienti provenienti da OPG e strutture atipiche (carcere, pazienti senza fissa dimora).

(A cura di M. Fenocchio, S. Gotelli, L. Peruzzo)

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