Centro Psicoterapico - Ospedale di giorno (Palazzo Boldù - Venezia Dicembre 1977 )

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26 giugno, 2021 - 10:07

Dagli Atti della giornata di studio "ASSISTENZA PSICHIATRICA A TEMPO PARZIALE" - 12 dicembre 1977

La presenza assai gradita, fra gli intervenuti, di personalità che, pur interessante alla psichiatria, operano in altri campi e che hanno comunque a cuore la sorte di Venezia, mi stimola a sottolineare una cosa assai banale, ma forse non inutile, cioè che I'esperienza (di questi 8 anni) dell'Ospedale di Giorno di Palazzo Boldù è anche strettamente legata e fortemente caratterizzata dalla sede veneziana . 

Paradossalmente forse, Venezia mentre più spesso sembra in generale favorire orientamenti più o meno megalomanici (cui è ormai da tempo connesso I 'immobilismo), in qualche caso fortunato ha favorito invece la realizzazione di esperienze circoscritte , ma per ciò stesso ricche di dinamismo, tempestive, verificabili e quindi istruttive e suscettibili di porre le basi per altre iniziative . E’ perché pensiamo che, proprio in quanto limitata, quella di palazzo Boldù sia una di queste esperienze, che abbiamo organizzato questa giornata di studio. 

La folta partecipazione, anche da sedi più o meno lontane mostra che, forse, non è irreversibile il processo di affondamento di Venezia. Questo processo sembra legato anche ad una specie di metaplasia (per i non medici: trasformazione di un tessuto in un altro) della laguna. L'acqua è stata a lungo, per Venezia, una barriera difensiva nei confronti delle aggressioni esterne e , contemporaneamente un tessuto connettivo riguardo ai buoni oggetti esterni, favorendo con questi le comunicazioni e gli scambi. 

Per vari motivi questa doppia benefica funzione dell'acqua per Venezia è gradualmente degenerata al punto che essa da una parte ha perduto il suo valore come elemento difensivo positivo, dall’altra è diventata un elemento difficoltante, anziché favorente, le comunicazioni e gli scambi con I 'estero. Grosso modo si sarebbe passati da una sorta di isolamento sicurizzante e produttivo, ad una sorta di isolamento angosciante e sterile . 

Ma, se in ciò giocano elementi di realtà esterna, non sono certo assenti elementi appartenenti al mondo interno. Riflettere su questo ci permette forse di intravede= re la possibilità di volgere il negativo in positivo: un certo isolamento spaziale nei confronti del mondo esterno può accompagnarsi ad un isolamento anche a livello temporale (com'è per esempio nella patologia ossessiva); esso può invece favorire la 'rottura dell'isolamento nella dimensione temporale (com'è per esempio nella concentrazione produttiva. creativa). E questo credo sia stato anche il caso del servizio di Palazzo Boldù, come dirò meglio fra poco. 

Certo tutto ciò ha bisogno di momenti di apertura e di confronto anche a livello spaziale , e così tengo ad esprimere la mia gratitudine, oltre che a Venezia (e ai Veneziani) a tutti coloro che da fuori hanno in qualunque modo seguito e aiutato in questi anni le nostre fatiche e quindi anche a tutti quelli che hanno sfidato l'inverno incipiente per essere presenti qui oggi . 

Se ci si chiede il perché della scarsa diffusione, da noi , non solo a livello di psichiatria ma anche di altre branche mediche, dei servizi a tempo parziale , tipo "Day—Hospital”  , non se ne trova una spiegazione soddisfacente a livello razionale. Ciò vale a maggior ragione nel contesto di una situazione economica non florida e di un decentramento  

dell’assistenza sanitaria già sufficientemente realizzato o in fase di avanzata programmazione, presupposto evidentemente necessario per una diffusione di questo tipo di servizi. 

La risposta deve quindi , a mio modo di vedere, essere cercata più sul versante irrazionale , magari anche nelle pieghe dei discorsi sulla razionalizzazione . . 

A che cosa può corrispondere, in psichiatria , la resistenza alla diffusione dell’assistenza a tempo parziale? Sarebbe necessario indagarne dettagliatamente per quanto riguarda malati e familiari , operatori sanitari e politici . Non essendo ciò , ovviamente , possibile in questa sede, mi limiterò a presentare alcuni spunti in proposito, quali mi si sono affacciati ad uno sguardo retrospettivo sullo sviluppo del servizio di Palazzo Boldù (di cui Cecchinato tratteggerà le linee essenziali) . 

Il "setting" —l’assetto — dell'assistenza, e diciamo pure della terapia psichiatrica a tempo parziale condotta in un'ottica psicoanalitica tende ad evitare alcune secche e particolarmente quelle delle difese di tipo isolante e quelle delle difese di tipo denegatorio in cui abitualmente si arenano programmi psichiatrici ed antipsichiatrici . 

D’altra parte in secca ci si può sentire al sicuro, soprattutto se la alternativa è quella di navigare in acque . . inquinate. 

In psichiatria fra strutture di trattamento (più o meno istituzionalizzate) , strumenti tecnici in senso lato (dai più spersonalizzati ai più personalizzati) , formazione degli operatori, programmazione, e impostazione teorica ci sono relazioni non solo strette, ma anche sempre svolgentesi nei due sensi . Nel caso del servizio di Palazzo Boldù, fra molti di questi elementi sembra esservi stata una convergenza che ha contribuito all'instaurarsi e al mantenersi di un'immagine contenente aspetti , tutto sommato, non tranquillizzanti. Ciò sia in ragione degli elementi generali già nominati difficoltanti l’uso dei meccanismi di difesa più abituali , sia in ragione di elementi specifici locali . 

L'apertura di questo servizio è stata parzialmente fortuita, almeno per quanto riguarda il tempo e soprattutto il luogo di esso. Ciò ha fatto sì per esempio che l’attività iniziasse in sordina, che l'arredamento fosse di fortuna, fornito in buona parte — direttamente o indirettamente dagli operatori , che il servizio stesso , ubicato in una sede affatto particolare (che, tra | altro, ci offre oggi l'occasione trovarci qui anziché altrove) , è diventato noto, nel bene e nel male, eponimicamente: è il “palazzo Boldù" o addirittura il “Boldù”. Tutto questo ha vero= similmente contribuito al formarsi di una immagine per così dire familiare e riservata, e ad accrescere, per ciò stesso, gli aspetti inquietanti . 

Da FREUD sappiamo infatti che l’inquietante (in tedesco "unheimlich” — non familiare —) è qualche cosa che è segretamente familiare ("heimlich heimisch”), che ha subìto la rimozione — è divenuto cioè inconscio — ed è poi ritornato da essa . (Ogni cosa che è inquietante adempie a questa condizione, mentre non vale l’ inverso). FREUD richiama l’attenzione sul fatto — in tedesco rilevabile anche linguisticamente — che il senso di inquietante estraneità" ( unheimlich”) è in stretto rapporto con il suo contrario ("heimlich") attraverso il (ristabilirsi del) collegamento fra questi due poli che passa — si potrebbe dire — l'acquisizione dell'insight (cioè della consapevolezza emotiva )  e quindi anche ogni psico—terapia non effimera. 

Le posizioni più diffuse nei confronti della malattia mentale tendono invece (in funzione difensiva e quindi anti psicoterapica) ad isolare uno dei due poli suddetti ignorando l'altro: a ciò corrisponde tutta una terminologia: per esempio "alienista" , che sancisce l'inquietante estraneità : “operatore sociale", che la nega, ecc.  

I fantasmi soggiacenti alla rappresentazione della malattia mentale sono, come le paure rimosse di castrazione e di morte, particolarmente risvegliabili , a parità di altre condizioni, in istituzioni che favoriscono quel senso “heimlich heimisch" , abbiamo visto per varie ragioni essere il caso del Boldù.  

Questi stessi aspetti dunque sono probabilmente corresponsabili, sia di aver facilitato un certo tipo di lavoro sia di aver suscitato diffusamente un certo tipo di risposte, - che in qualche momento hanno messo anche in pericolo la sopravvivenza del servizio. 

Prima di terminare voglio soffermarmi brevemente sui rapporti fra assetto (“setting”) dell'Ospedale di Giorno e attività psicoterapica nonché formazione del personale curante. 

Se queste attività hanno potuto essere facilitate dalle caratteristiche peculiari del Boldù,ciò è avvenuto anche in quanto i medici , e successivamente tutti gli operatori, hanno avuto ben presente — e non solo a livello intellettuale — che i risultati terapeutici, specie nel caso di pazienti psicotici e con importanti elementi di tipo psicotico, si identificano sì, in definitiva , con la possibilità di ri-dimensionare, riconoscendole come tali , le produzioni fantasmatiche (e pertanto la realtà in maniera così poco distorta da permettere di agire in essa e su di essa  , cioè di compiere delle azioni e non degli açting out"); ma che, per arrivare a ciò bisogna ben passare (sopportandone le ansie senza lasciarsene sommergere) per l'evocazione dei fantasmi — , ciò che forse si verifica più prontamente in un palazzo come il Boldù! (Ricordo che  “unheimlich”, come il corrispondente inglese “uncanny", “haunted" , riferiti ad un luogo, significano "abitato da fantasmi") . 

La possibilità di utilizzare tutto ciò in chiave terapeutica non è piovuta dal cielo; essa si è verificata grazie ad una formazione personale (analitica) dei medici e ad una formazione degli infermieri , che ha avuto, direi , come fulcro la seduta di gruppo degli operatori . E ' stata questa anche il momento di convergenza dei compiti dei medici, degli infermieri e dell'assistente sociale (Voglio qui ringraziare Eugenio Gaburri , che ha appassionatamente contribuito a curare il rodaggio). 

La stratificazione dei compiti , secondo ELLIOTT JACQUES intrinseca a qualunque sistema sociale, è l'espressione di una discontinuità nella distribuzione della capacità lavorativa legata alla diversità nella maniera di percepire lo stesso problema o attività a seconda del diverso livello di astrazione. 

A parte limportanza (e la difficoltà) di una sufficiente corrispondenza fra la capacità di lavoro e il livello di lavoro a disposizione nelle strutture, ciò crea e sostiene spesso problemi emotivi, ai quali le risposte più comuni e più inadeguate sono, da una parte l'accentuata generalizzazione (così dura a morire anche nei più recenti regolamenti psichiatrici) , dall'altra la confusione dei ruoli (di cui pure non mancano esempi psichiatrici , anche illustri) . 

Ciò , visto dal di dentro, mi sembra corrispondere ancora una volta alla prevalenza delle difese del tipo isolante e rispettivamente denegatorio. 

Quanto alla accentuata gerarchizzazione vorrei aggiungere qualche cosa sulla base della mia personale esperienza, dato che questo tema si intreccia con le vicende del Boldù. Alla accentuata gerarchizzazione corrisponde, tra l’altro, il tentativo di perpetuare la figura del direttore a tutto fare , verso la quale spesso con= vergono tuttora, in una specie di collusione, spinte provenienti direi da tutte le parti in gioco. Che ciò possa avvenire a chi si occupa di malattie mentali , dove l'onnipotenza — e quindi l 'impotenza — è di casa , non, stupisce. Tuttavia spetta a chi per formazione professionale può intravvederne i risvolti inconsci e gli sviluppi antiterapeutici di non cedere alle spinte suaccennate. 

Nell’ambito dell’attenzione a ciò e dell’interesse per gli aspetti promozionali e formativi , oltre che terapeutici , si sono stabiliti (dopo un certo tempo e con qualche eccezione) rapporti di sufficiente collaborazione — talora assai fruttuosa — tra gli operatori del Boldù e quelli dell’ O.P. Ciò è intravvedibile nella breve comunicazione che presenterà il dott. Favaretti . 

Direi , sintetizzando, che l'esistenza di un servizio come il Boldù, dipendente dalla medesima direzione dell’O.P. stimola, con la possibilità di metterli in crisi , i rapporti tra operatori , sia dello stesso livello che di livelli diversi . E le crisi, si sa , purché non si cronicizzino, hanno a che fare con la crescita emotiva che è poi , in fondo, quel che dobbiamo promuovere anche nei nostri pazienti: nei rapporti con questi sono tra l'altro necessari , per poter far ciò , certi elementi di fiducia e di sincerità, il che non può realizzarsi senza che lo stesso valga, “mutatis mutandis" anche nel rapporto degli operatori (soprattutto a livello direttivo) con gli amministratori . Nonostante questo non si sia sempre verificato, il riferimento all'ottica psicoanalitica ha improntato, anche con le difficoltà che ne possono risultare, l'effettuazione, losservazione e la gestione di un cambiamento dello schema cui tutto il personale si ispira . Era questo uno schema di massima eteronomia e minima responsabilizzazione, incentivante a livello di comunicazione sia il non dire , se non le cose rientranti nell'aspettativa della direzione, sia il non ascoltare, se non in maniera finalizzata come sopra. Ciò escludeva naturalmente, o rendeva estremamente raro, l’ atteggiamento di effettivo ascolto e favoriva invece l'azione (e , più che l ' "azione vera" , l’ “acting out", non solo nel rapporto con i pazienti , ma anche, in misura abbastanza rilevante , nei rapporti con i colleghi e con i superiori) . 

Qui al Boldù è stato possibile attuare questo radicale cambiamento verso la massima autonomia e responsabilizzazione in maniera abbastanza omogenea e continua, come riferirà Cecchinato, quasi ripartendo da zero, nonostante si trattasse di personale che già da tempo più o meno lungo lavorava in ospedale. All'interno dell'ospedale psichiatrico ovviamente le angosce sono state spesso meno analizzabili e meno sostenibili e , accanto a molti riorientamenti (soprattutto, ma non esclusivamente , tra gli operatori più giovani) hanno portato anche a varie reazioni di difesa . D'altra parte è stato solo quando il funzionamento dell'Ospedale di Giorno si è reso  

sufficientemente consolidato che è stato possibile usufruirne anche per qualche stage formativo, o meglio utilizzando, anche gli aspetti fantasmatici specificamente legati all'immagine del Boldù. 

Il valore nonché la delicatezza di tutto ciò è stato per lungo tempo, com'è naturale, difficilmente cogliibile appieno (salvo lodevoli eccezioni) da parte degli amministratori . Basterà ricordare come, a un certo punto, mentre gli infermieri dell'ospedale godevano dell'indennità isola (sic) , detta indennità fu tolta, senza essere sostituita da alcunché agli infermieri del Boldù: e se allora l'Ospedale di Giorno non si è chiuso ciò è dovuto soltanto alla passione per il nuovo tipo di lavoro, alla dignità e al coraggio di questo piccolo gruppo di infermieri. 

In questo momento in Italia le parole riguardo alla formazione del personale paramedico si moltiplicano, assumendo magari anche la veste di disposizioni , regolamenti , leggine ecc. , a cui non si sa bene chi creda; ma fatti seguono a distanza e faticosamente per carenza, se non altro, di situazioni favorevoli . ( Il dott. Levis e la dott.ssa Foccardi riferiranno in un loro intervento un'esperienza all'interno dell’ospedale psichiatrico che, pur centrata sugli aspetti terapeutici , presenta interessanti riflessi a proposito di formazione del personale, tema di cui d'altronde gli stessi medici da tempo si occupano) . 

Ricollegandoci a quanto più sopra accennato si può notare che una situazione favorevole alla formazione del personale si è costituita proprio in questo ospedale di giorno che, come ricorderà Cecchinato, è sorto con una minima delibera  

dell’A . P . ed è cresciuto finora, forse per sua fortuna, senza alcun regolamento ufficiale. Mi chiedo per esempio se, qualora fosse stato prescritto , avrebbe potuto svilupparsi altrettanto felicemente il momento della seduta degli operatori . Questo momento , finalizzato a far convergere e ad integrare gli apporti costituiti dagli ”insight” degli infermieri e da quelli dei medici riguardo a tutte le espressioni comportamentali e verbali dei pazienti , mette in gioco dinamiche complesse; qui importa sottolineare una condizione comune al gruppo degli operatori : lo sviluppo della capacità di percepire i propri movimenti emotivi (controtransferali — e transferali —) come strumento lavorativo fondamentale, insostituibile, e, ad un tempo, elemento formativo continuo dal punto di vista professionale (supervisione) ma anche personale . Tutto ciò non solo è comune a infermieri e medici , ma anche reciproco (seppure non simmetrico) e rende ragione del fatto che la differenza del livello di astrazione, venendo collocata sullo sfondo di quanto detto or ora , non che essere un ele= mento turbativo, contribuisca al mantenimento dinamico di una armonia complessiva senza rimozione della conflittualità che è indispensabile ingrediente dell'atmosfera  

terapeutica. 

Di ciò Boccanegra  presenterà una sezione trasversale che penso fornirà materia le vivo alla discussione. 

Per concludere direi che, tenendo anche conto delle difficoltà in cui versano oggi in Italia la didattica e la ricerca , le potenzialità possedute da un servizio come il Boldù nei campi della ricerca e della formazione del personale ai vari livelli , oltre che naturalmente in quello della terapia, suggeriscono che le immagini (che correntemente si presentano all'esterno) del servizio stesso quale un oggetto di lusso sono legate essenzialmente ai fantasmi di cui ho parlato e ad altri ancora . . , il che non è ovviamente da sottovalutare, perché i fantasmi sono personaggi di tutto rispetto. 

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