Intervista a Sonia Morgante

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27 novembre, 2012 - 20:08

A cura di S. Guida, A. Leonardi, W. Natta

D: Nella sua esperienza, come valuta al momento attuale i rapporti che si instaurano nell'equipe curante tra neurologo ed infermiere?
R: Lavoro in neurologia da 7 anni e in questi anni ho notato una modifica della collaborazione tra neurologo ed infermiere. Al mio arrivo c'era il medico e l'infermiere; c'erano equipe differenti, personale diverso che in questi anni poi si è trasformato. Al momento attuale il rapporto è di estrema collaborazione. Noi riferiamo al medico ogni mattina quello che è successo durante la notte, facendo un veloce briefing mattutino. Abbiamo un dialogo e un modo di comportarci con il paziente tale da non far vedere tutta quella differenza che c'è tra il medico e l'infermiere: lavoriamo insieme e lavorare insieme vuol dire che per tutte le 5 - 6 ore che io passo in servizio passo continuamente dal medico, agli infermieri al paziente e questo passaggio continuo ci permette di non dimenticarci nulla per quanto riguarda la valutazione dei bisogni del paziente. E' un continuo parlare insieme e il dialogo, secondo me, è fondamentale. Il rapporto adesso è veramente "d'equipe".
D:Ritiene che l'attuale formazione specialistica del personale non medico sia sufficiente a fornire strumenti adeguati per la cura del paziente neuropsichiatrico cronico?
R: Non so se sia proprio sufficiente. Secondo me ci stiamo provando, ci arriviamo poco a poco. Ancora l'infermiere non è pronto ad accettare certi tipi di preparazione, per cultura, perché l'infermiere sta prendendo soltanto in questi ultimi anni confidenza con la formazione, i corsi, l'ECM. Si tratta di una formazione cos'ì recente da non permetterci di essere ancora al top. L'infermiere, col tempo raggiungerà sicuramente una formazione sufficiente, ma per il momento non l'ha ancora conseguita. D: Quali percorsi di formazione specialistica in ambito neuropsichiatrico sono attualmente disponibili in Italia e quali dovrebbero essere secondo lei forniti?
R: I corsi di formazione specialistica sono pochi, ne esistono alcuni, forniti dall'azienda, ma secondo me dovrebbero essere molti di più e molto coinvolgenti. Organizzati in modo tale da spingere l'infermiere a partecipare. Bisognerebbe dare all'infermiere la possibilità di capire l'importanza di questi corsi. La nostra azienda ha organizzato corsi ai quali hanno partecipato diversi infermieri con grande soddisfazione.
D: Come viene effettuata l'educazione continua in medicina per il personale infermieristico, da chi viene tenuta e da chi viene finanziata? E come viene valutata dal personale infermieristico?
R: L'infermiere ha inizialmente vissuto gli ECM come un'imposizione e quindi ha avuto anche reazioni negative. Poco per volta ci si adegua e ci si forma. I giovani infermieri stanno crescendo con questa mentalità, hanno imparato che ci si forma, che non si è più soltanto la persona che fa il giro dei letti, mette la flebo o da la terapia, ma si è un infermiere, nel senso più completo del termine. L'infermiere svolge numerose attività, si aggiorna costantemente e cresce professionalmente. La crescita professionale deve entrare a far parte del bagaglio culturale dell'infermiere, soprattutto di quello giovane.
I percorsi di formazione per noi vengono forniti e finanziati dall'azienda, che credo sia una delle poche in Italia ad offrire formazione gratuita agli infermieri, anche per un elevato numero di crediti. Ad esempio si sta attualmente svolgendo un'ottimo corso dipartimentale sulla riabilitazione. Noi coordinatori siamo impegnati tutto l'anno in attività di formazione. I crediti ECM da noi sono sentiti e sono anche raggiunti. Chi di noi desidera arricchirsi ulteriormente partecipa ad altri congressi e simposi.
D: Come si è evoluta l'assistenza infermieristica in Italia negli ultimi anni, in particolare in neurologia? R: A mio avviso si è evoluta in modo molto positivo, perché si incomincia a riconoscere che l'unico obiettivo, sia per l'infermiere che per il medico è il benessere del paziente, non c'è alcun dubbio su questo. L'infermiere, soprattutto negli ultimi anni, comprendendo questo concetto, cerca di non fare più il pedestre giro dei letti (per esempio dare la terapia dal letto 1 al letto 30), ma di personalizzare il suo lavoro, sia da un punto di vista pratico, che dal punto di vista del rapporto con il paziente. Infatti è fondamentale non solo somministrare terapie, ma anche parlare con il paziente, essere disponibile, farsi accettare e conquistare la sua fiducia. Mentre prima l'infermiere si approcciava al paziente in modo stereotipato, oggi si tende ad un approccio più moderno e personalizzato. Questo è fondamentale soprattutto in neurologia. Adesso si mire ai bisogni del paziente in un determinato momento. Questo è, per esempio, vero nel problema dell'alimentazione: da questo punto di vista ci sono stati del grandi passi in avanti. Oggi l'infermiere non si limita più a "imboccare" il paziente, ma fa attenzione a ciò che gli sta dando, utilizzando diete personalizzate, ad es. per diabetici e disfaici. Infine c'è stato un grande miglioramento nell'identificare le priorità assistenziali, che come sappiamo, non sono sempre le stesse per tutti.

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