GROUNDING
PTSD Stress Post-Traumatico: che fare?
di Raffaele Avico

APERTURA: IL SENSO DELLA RUBRICA. PTSD E ATTIVITÀ FISICA

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6 gennaio, 2019 - 11:22
di Raffaele Avico

Questa rubrica avrà l'obiettivo di fornire alcuni spunti di approfondimento a chi stia attraversando, o a chi viva da vicino la situazione di qualcuno che stia attraversando, una "tempesta" post traumatica, ovvero i segni e i sintomi di quello che in psichiatria viene definito Stress Post- traumatico (PTSD).
 
Questo disturbo è facilmente riconoscibile, soprattutto quando si presenti a seguito di un singolo evento traumatico (per esempio un incidente grave vissuto con senso di impotenza, un cataclisma, ma anche una rottura violenta di un rapporto significativo): coinvolge soprattutto la memoria, la capacità di prestare attenzione al momento presente, e il corpo. Vediamo in che modo può manifestarsi.
 
Alcuni dei più comuni sintomi del PTSD sono:
  1. incubi vividi (e risveglio precoce)
  2. pensieri intrusivi (che si presentano cioè contro la nostra volontà) che hanno forma di immagini relativi a singoli episodi specifici
  3. il senso di mancata permanenza nel momento presente, con la difficoltà a concentrarsi su quelli che, nel qui ed ora, sono i compiti assegnati (non ci si ricorda le cose da fare, la memoria e la coscienza stessa assumono una forma frammentata, intermittente: in alcuni momenti è presente a sé stessa, in altri la mente viene risucchiata dall'accesso post-traumatico, ricondotta al mondo interiore traumatizzato e distaccata a forza dal presente). Questo ha la conseguenza di rendere difficoltoso e impegnativo portare a termine un compito
  4. iperestesia: i nervi sono accesi, ipervigili: i rumori vengono percepiti come forti e violenti; percepire i rumori come disturbanti e troppo forti è un sintomo di stress che troviamo anche in assenza di un vero e proprio PTSD
  5. La mente appare costantemente impegnata nel prevenire un potenziale attacco da parte di un ipotetico predatore o di un'ipotetica minaccia: si mantiene come in un continuo stato di allarme, che può precipitare in uno stato di insonnia o di prostrazione (spesso erroneamente diagnosticata come depressione).
Per avere un’idea reale di cosa significa soffrire di PTSD, può essere utile la visione del breve filmato linkato in calce.
 
Perchè GROUNDING? In psicoterapia sensomotoria gli esercizi di grounding ("radicamento") vengono proposti per consentire alla persona assorbita dall'accesso post-traumatico, di "riatterrare" sul presente, così da trovare, nuovamente, un senso di controllo o di "padronanza".

Proporrò di volta in volta degli spunti e dei riferimenti a del materiale altamente giustificato in senso di "autorevolezza scientifica" per chi volesse approfondire la questione. Il PTSD è un disturbo più diffuso e pervicace di quanto si possa pensare: in questa rubrica ne verranno descritte le forme.

Per chi volesse invece interessarsi alla questione del trauma in generale e dei disturbi cosiddetti dissociativi, consiglio la lettura della rubrica I FANTASMI NEL SÉ qui su

Psychiatry On Line, curata dall'associazione AISTED.

ATTIVITÀ FISICA E PTSD

Iniziamo con una riflessione a proposito dell'utilizzo dell'attività fisica come possibile strumento di "grounding" nelle situazioni di PTSD.

La letteratura in ambito psicotraumatologico che riporta dati rigorosi che attestino l’impatto dell’attività fisica sul PTSD, è in espansione ma ancora poco consistente in termini di protocolli standard e linee guida dettagliate su cosa possa giovare a pazienti affetti da PTSD conclamato. E’ noto l’impatto del PTSD sul corpo, evidenziato in molteplici studi su riviste di grande autorevolezza in senso scientifico, e ben spiegato nel lavoro di luminari nell’ambito che tracciano la via della psicotraumatologia del presente, come il famoso The body keeps the score di Onno Van Der Kolk.

LO STATO DELL’ARTE

Alcune riviste maggiori, come l’American Journal of Psychiatry (https://focus.psychiatryonline.org/doi/abs/10.1176/appi.focus.20170026?journalCode=foc), o il Journal of Clinical Psychology (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/jclp.22549), fanno riferimento a studi condotti molto recenti su pazienti affetti da PTSD attraverso l’applicazione di protocolli standardizzati di esercizi inerenti il corpo: emerge l’importanza generica di effettuare attività fisica di natura aerobica e mirata a sviluppare “resistenza”, al fine di mitigare gli effetti somatici del PTSD (un ulteriore esempio qui, uno studio del 2015 che indagava gli effetti del praticare surfing su veterani di guerra affetti da PTSD: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25189537).

Lo studio prima citato pubblicato sul Journal of Psychology, presentava un protocollo standardizzato di 12 settimane su pazienti con PTSD, incentrato su attività fisica costante, yoga e mindfulness, con risultati sensibili sui sintomi del PTSD a fine percorso. Questo ulteriore studio del 2018 pubblicato su Journal of Thraumatic Stress (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/jts.22253), ha indagato l’effetto dell’esercizio fisico aerobico sull’attivazione del sistema endocannabinoide, evidenziando  un aumento della produzione di endocannabinoidi a seguito di attività fisica prolungata, ma a quanto pare con minore intensità per i soggetti affetti da PTSD.

Questo studio meta-analitico pubblicato nel 2017 su Disability and Rehabilitation (https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/09638288.2016.1226412?journalCode=idre20) ha ricapitolato 5 diversi studi per un totale di 192 pazienti affetti da PTSD, evidenziando sicuri benefici e suggerendo un generico “2 sessioni settimanali di resistence-training a settimana insieme a un 150’ di esercizio moderato o 75’ di esercizio vigoroso a settimana diviso in più sessioni”.

Su Acta Psychiatrica Scandinavica, questo studio randomizzato del 2014 (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/acps.12371) indaga la differenza tra un trattamento con o senza esercizio fisico su un gruppo di 81 pazienti con PTSD primario (diagnosticato sul DSM IV, escludendo i casi in cui sarebbe stato meglio parlare di trauma complesso, o gli individui affetti da patologiche croniche a livello fisico che avrebbero confuso il processo di analisi), evidenziando un miglioramento maggiore tra chi trattato anche con l’ausilio di esercizio fisico (in questo caso 30’ di cardio-fitness a settimana supervisionato da un istruttore nel contesto dell’ospedale, due sessioni da effettuare a casa e un programma controllato di camminata minima -fino a 10000 passi- da fare al giorno per ogni soggetto). Questo studio rappresenta il primo tentativo sistematizzato di offrire una risposta ultima alla domanda se l’integrare un approccio incentrato sul corpo al trattamento usuale per il PTSD (formato solitamente da psicoterapia, approccio farmacologico e interventi di gruppo), offra risultati clinici duraturi nel tempo. L’articolo risponde, con i suoi risultati, in modo affermativo, con enfasi particolare posta sugli esercizi di resistenza e sugli esercizi aerobici, da usare di preferenza con questo tipo di pazienti.

L’impressione generale è che si vada verso una sempre maggiore integrazione di approcci a ispirazione cognitivista (quindi tecniche mutuate dalla CBT, come l’esposizione progressiva agli stimoli fobici per via immaginativa, oppure tecniche più recenti come l’EMDR), con approcci di natura somatica che funzionino in direzione bottom-up. C’è ottimismo in tal senso, vista anche la natura grandemente somatizzata dei sintomi del PTSD.

Non esiste tuttavia in letteratura un protocollo di esercizi fisici (cosa fare e con quale tipo di paziente)  diventato lo standard da applicare con pazienti affetti da PTSD. La maggiorparte degli studi rilancia a future esplorazioni e studi di ricerca la questione di “cosa far fare” praticamente ai pazienti nel corso di un percorso di riabilitazione integrata che metta insieme psicoterapia, approccio psicofarmacologico e terapia incentrata sul corpo.

raffaeleavico.it

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